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Dalle ultimissime rilevazioni il 5% della popolazione in Italia manifesta sintomi dello “shopping compulsivo”, in prevalenza donne adulte e giovani adulte.

La passione per lo shopping è estremamente diffusa e, per questo motivo, non è vista di per sé come un problema o un disagio; tuttavia, può capitare che questa passione sfugga di mano e si trasformi in qualcosa di più grave: la sindrome da acquisto compulsivo. In Italia, si stima che circa il 5% della popolazione manifesti sintomi dello shopping compulsivo, in prevalenza donne adulte e giovani adulte.
La sindrome da acquisto compulsivo è un disturbo caratterizzato dal bisogno incontrollabile di comprare. Questo bisogno non risponde a una effettiva esigenza (ad esempio, la necessità di rimpiazzare o il desiderio di possedere un oggetto) e anzi, spesso, lo shopper non utilizza i beni che acquista, bensì tende a regalarli o addirittura a buttarli.
Affinché si possa parlare di “shopping compulsivo”, tuttavia, non basta che un soggetto acquisti cose inutili o spenda cifre esagerate: lo shopping diventa compulsione solo se si configura come un’azione ripetitiva messa in atto regolarmente dal soggetto per rispondere a un’ossessione, un pensiero ricorrente e pervasivo che non riesce a contrastare.
Attualmente, lo shopping compulsivo non è riconosciuto ufficialmente dall’American Psychiatric Association come disturbo mentale, ma è generalmente associato ai disturbi del controllo degli impulsi. Questa sindrome, infatti, presenta caratteristiche patologiche analoghe a quelle che si riscontrano, ad esempio, nelle dipendenze da sostanze.
Durante la fase di tolleranza, le persone che presentano una dipendenza da shopping compulsivo tendono a incrementare progressivamente il tempo e il denaro destinato agli acquisti, come forma di “coping” finalizzato ad alleviare eventuali sensazioni negative di stress, tensione e sofferenza. L’acquisto provoca, infatti, un picco di euforia seguito da sentimenti di colpa, vergogna e angoscia, dovuti alla consapevolezza della propria perdita di controllo.
Se queste sensazioni spiacevoli non vengono gestite in modo adeguato, lo shopper entra nuovamente in uno stato di “craving”, dando vita a un circolo vizioso in cui l’impulso a comprare diventa sempre più irrefrenabile. Se, per qualche motivo, il soggetto non si trova nella condizione di poter fare acquisti, entrerà in un vero e proprio stato di astinenza, altro tratto in comune con le altre forme di dipendenza.
Lo shopping rappresenta, solitamente, un’attività gratificante: l’acquisto di un nuovo prodotto porta con sé euforia ed eccitazione, grazie alla produzione di dopamina e serotonina, neurotrasmettitori associati a sensazioni di piacere e benessere. Tra le possibili cause della sindrome da acquisto compulsivo e, in genere, dei disturbi del controllo degli impulsi, sembrerebbe esserci, quindi, l’alterazione dell’attività di tali sostanze.
Inoltre, a causa della crescente e inarrestabile diffusione dei social media e dei servizi di e-commerce, la sindrome da acquisto compulsivo è sempre più legata allo shopping online, alla dipendenza da internet e al concetto di “FOMO”, ovvero la paura di perdere una buona occasione o sentirsi “esclusi” dalla cerchia dei propri pari.
Solitamente, lo shopping compulsivo inizia ad emergere durante l’adolescenza, attorno ai 17 anni, ma tende a manifestarsi con maggiore veemenza e trasformarsi in una vera e propria dipendenza anche diversi anni dopo.
Per questo motivo, è cruciale identificare prontamente i primi campanelli d’allarme della sindrome per evitare l’esplosione e la sedimentazione di questo disturbo in età adulta.
Tra i principali segnali a cui prestare attenzione e che contraddistinguono gli shopper dai “normali compratori”, possono essere riconosciuti i seguenti:
1) l’atto di comprare è vissuto dal soggetto come un impulso irresistibile e inspiegabile;
gli acquisti si fanno sempre più frequenti e risultano al di sopra delle proprie possibilità economiche;
2) il soggetto sente una pulsione verso l’acquisto di oggetti inutili o molto costosi (es: prodotti di marca o particolarmente popolari, anche quando in contrasto con i gusti personali);
3) il senso di appagamento ed euforia è legato strettamente all’atto di comprare e non al possesso dell’oggetto (es: l’oggetto non viene neanche scartato o rimosso dalla scatola, non viene utilizzato oppure viene regalato o buttato dopo poco).
Poiché le cause psicologiche della dipendenza da shopping sono ascrivibili a una difficoltà nella gestione degli impulsi e dell’autocontrollo, tra le strategie maggiormente utilizzate per contrastare questa sindrome vi sono una serie di tecniche finalizzate allo sviluppo della capacità di gestione dello stress e di controllo delle emozioni.
Ne sono un esempio la pratica della mindfulness, della meditazione o dello yoga, attraverso cui il soggetto può imparare ad entrare maggiormente in contatto con il proprio sé interiore e individuare preventivamente i “trigger” che generano l’impulso all’acquisto (situazioni stressanti, episodi di ansia e depressione, ecc.). Contestualmente, queste pratiche hanno il beneficio di migliorare l’autostima, l’umore e la self-compassion, elementi fondamentali per raggiungere un buon autocontrollo e costruire un buon rapporto sia con se stessi sia con il mondo circostante.
Per il trattamento dello shopping compulsivo in stadio avanzato, tuttavia, può rendersi necessario l’intervento di un professionista. In questo caso, si è dimostrato particolarmente efficace il trattamento tramite psicoterapia cognitivo comportamentale o tramite terapia di gruppo.
SERGIO  DEMURU

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