Dipendenza da cannabis: hashish, marijuana e cannabinoidi sintetici.
Una delle sostanze più controverse è certamente quella estratta dalla “cannabis”, una pianta dalle cui infiorescenze deriva la marijuana. Dalla pianta della “cannabis” deriva anche l’hashish, che si distingue dalla marijuana per il metodo di estrazione e la consistenza con la quale si presenta (solida o pastosa). Entrambe queste sostanze (hashish e marijuana) vengono comunemente indicate con il termine “cannabis” (che in realtà è il nome della pianta da cui derivano). Esistono poi altri composti cannabinoidi sintetici, prodotti per uso non medico. Tutte queste sostanze contengono il delta-9-tetraidrocannabinolo (delta-9-THC, più comunemente indicato come THC), che è la sostanza psicoattiva.
I cannabinoidi producono svariati effetti a livello cerebrale, agendo principalmente su due recettori dei cannabinoidi: il CB1 e il CB2, distribuiti in tutto il sistema nervoso centrale. Il contenuto di THC varia notevolmente (con un considerevole incremento riscontrato negli ultimi anni), producendo effetti diversi.
La “cannabis” può essere ingerita oralmente, mescolandola al cibo, oppure può essere fumata insieme al tabacco oppure ancora può essere vaporizzata, riscaldandola per il rilascio della sostanza psicoattiva che viene poi inalata. Quando fumata, gli effetti sono più rapidi e più intensi.
L’insorgenza della dipendenza da “cannabis” si verifica, nella maggior parte dei casi, durante l’adolescenza o la prima età adulta. Quando l’uso della “cannabis” avviene precocemente (prima dei 15 anni), vi è una più alta probabilità di sviluppare una dipendenza da “cannabis” e, in generale, una dipendenza anche da altre sostanze, così come disturbi mentali in età adulta. Sebbene si tratti di un disturbo il cui sviluppo si verifica in un arco di tempo prolungato, esso può essere molto più rapido tra gli adolescenti. L’uso della “cannabis” aumenta gradualmente, sia in frequenza che in quantità. Tale incremento è spesso agevolato dalla percezione di un minor rischio rispetto ad altre sostanze e dal fatto che i sintomi derivanti da un’intossicazione non causano una compromissione cognitiva e comportamentale così grave e marcata come quelli che derivano da un’intossicazione da altre sostanze, come alcol e cocaina. Questi fattori favoriscono il passaggio dall’uso di “cannabis” alla dipendenza da “cannabis”. In questi casi si verificano cambiamenti importanti della stabilità dell’umore, nei livelli di energia e nell’alimentazione. Si verifica, inoltre, un significativo calo del rendimento scolastico e lavorativo, con una riduzione anche nell’interesse mostrato dalla persona.
La dipendenza dalla “cannabis” si esprime con un uso quotidiano lungo tutto l’arco della giornata per lunghi periodi di tempo (mesi o anni), e la persona vive così molta parte del tempo sotto l’influsso della sostanza. In alcuni casi, pur a fronte di un uso meno intenso si verificano comunque problemi con la famiglia o in ambito lavorativo o scolastico, poiché il comportamento e il funzionamento cognitivo vengono negativamente influenzati dall’uso periodico di cannabis e dagli stati di intossicazione da “cannabis”, che incrementano le situazioni di rischio nel momento in cui la persona che ne fa uso svolge attività che possono essere fisicamente pericolose (ad esempio, guidare l’automobile).
L’utilizzo della “cannabis” compromette il funzionamento cognitivo, in particolar modo la memoria a breve termine, i tempi di risposta agli stimoli e il funzionamento esecutivo (le capacità di pianificazione e di inibizione). Tale compromissione varia a seconda della dose assunta.
Viene comunemente considerata una cosiddetta droga leggera, ma le persone che la utilizzano regolarmente possono presentare tutte le caratteristiche tipiche di un disturbo da uso di sostanze. Spesso si associa alla presenza di disturbi da uso di altre sostanze, come alcol, cocaina od oppiacei. In questi casi, la persona spesso tende a minimizzare l’entità dei sintomi collegati alla cannabis, poiché di norma causano meno danni rispetto a quelli causati dalle altre sostanze. Una brusca interruzione dell’uso quotidiano della “cannabis” causa l’insorgenza di una sindrome da astinenza, che si manifesta con umore depresso, ansia, irritabilità, aggressività, irrequietezza, perdita di peso e dell’appetito, disturbi del sonno. Generalmente la sindrome da astinenza da cannabis non è così grave come quella generata dalla brusca interruzione dell’assunzione di altre sostanze, tuttavia può anch’essa causare un disagio significativo nella vita della persona, rendendo difficile interrompere l’uso e facilitando eventuali ricadute.
Spesso la “cannabis” viene assunta per modulare lo stato emotivo (per esempio, provare euforia o modulare intensi sentimenti di rabbia), per facilitare il sonno o alleviare dolori fisici. Le persone con una dipendenza da “cannabis” spesso presentano anche altri disturbi mentali, i cui sintomi possono essere esacerbati proprio dall’uso della “cannabis”, che in alcuni casi può anche contribuire all’insorgenza di un episodio psicotico acuto.
Le persone con una dipendenza da “cannabis” spesso non percepiscono un’eccessiva quantità di tempo trascorsa sotto l’influenza della sostanza, minimizzando la quantità e la frequenza dell’uso. Ci sono però alcuni segnali che indicano un uso cronico e acuto: la presenza di occhi rossi, tosse cronica, l’abitudine di bruciare incensi per camuffare l’odore e un craving molto intenso verso alcuni cibi, talvolta in ore inusuali.
Nonostante sia spesso sottovalutata, o forse proprio per questo, è necessario intervenire nei casi in cui vi sia una dipendenza da “cannabis”, sia perché chi ne soffre spesso cerca di interrompere l’uso senza riuscirci sia perché è spesso associata a dipendenza da altre sostanze.
SERGIO DEMURU