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Dipendenza ed altri problemi da steroidi anabolizzant

La motivazione dell’uso fai-da-te di farmaci anabolizzanti (molti dei quali illegali) è ben nota, e cioè l’aumento della massa muscolare. Questo è un effetto desiderato sia in un contesto agonistico, di body building, che lavorativo, ad esempio nell’esercito o nelle forze dell’ordine, o nei lavoratori della sicurezza privata.
A questi usi funzionali al lavoro o allo sport, si aggiunge l’uso da parte di soggetti che migliorano l’autostima mediante lo sviluppo delle masse muscolari, per esempio in fasi di insicurezza come l’adolescenza, e di soggetti con disturbi dismorfici, che ambiscono ad un ideale più o meno irraggiungibile di apparenza fisica, con caratteristiche ossessivo-compulsive. In particolare quest’ultima condizione sembra essere presente in circa il 10% di chi si dedica al body building.
Sono più a rischio, probabilmente per motivi culturali, alcune nazioni come USA, paesi del Commonwealth, Brasile e paesi Scandinavi, caratterizzate da un maggiore apprezzamento culturale per i corpi muscolosi. Meno a rischio sono i paesi del lontano Oriente, Giappone, Corea e Cina, dove l’ideale virile è meno legato all’apparenza delle masse muscolari e di più a saggezza, perfezione, obbedienza, meditazione e forme di combattimento più orientate all’abilità che alla forza.
Analogamente, è più a rischio il sesso maschile rispetto a quello femminile (per il quale l’ideale di apparenza fisica non è generalmente legato alla messa in evidenza dell’architettura muscolare).
Di conseguenza, gli studi sulla prevalenza dell’uso degli steroidi anabolizzanti danno valori diversi secondo l’area geografica presa in considerazione; negli USA sarebbe passata da 1 su 100 maschi ed una su 1000 femmine all’inizio degli anni ’90, a valori più elevati, che secondo le indagini si collocherebbero al 2%-4% dei maschi, ed un rapporto maschi femmine di 42 a 1.
In Scandinavia i tassi sarebbero minori, 0.7% dei maschi, ed 1 su 50mila femmine, e correlati a inferiori tassi di scolarità ed a problemi economici. Valori nettamente più elevati si osserverebbero in popolazioni selezionate, ad esempio in Svezia 1 su 3 tra i soggetti fermati dalla polizia, e poco più di 1 su 10 tra i carcerati; praticamente tutti maschi.
L’età di inizio sarebbe giovanile, entro i 25 anni.
Anni addietro gli anabolizzanti erano “spacciati” nelle palestre, ma al giorno d’oggi la diffusione sembra essere prevalentemente mediante acquisti su internet, con il problema dell’incertezza sull’effettiva qualità e sulla sicurezza delle preparazioni.
Possono essere assunti da soli, o insieme ad ormone della crescita, tiroxina, antiestrogeni, gonadotropina corionica umana, insulina ed altri ormoni come il testosterone a dosi molto elevate.
Spesso vengono usati a cicli (da 0.5 a 3 g a settimana, per 4-12 settimane), separati da intervalli di riposo, per un totale di 5-6 mesi all’anno; meno frequentemente vengono assunti di continuo senza interruzioni. La via di somministrazione è prevalentemente intramuscolare.
Non vengono prese in considerazione le complicanze somatiche ma solo quelle neuropsichiatriche; per gli effetti somatici viene consigliato rifarsi a Turillazzi E, Perilli G, Di Paolo M, et al. Side effects of AAS abuse: an overview. Mini Rev Med Chem 2011;11:374–389. In ogni caso, problemi di questo genere si osserverebbero nell’80% di coloro che fanno uso di questi preparati. Possiamo annoverare disturbi cardiaci con ipertrofia del muscolo cardiaco , aterosclerosi e ipertensione, disturbi epatici con infiammazione e carcinogenesi, e disturbi endocrini soprattutto a carico dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi ed un’influenza sui caratteri sessuali secondari.
Al livello del Sistema Nervoso Centrale, gli steroidi anabolizzanti hanno recettori sia sulla membrana cellulare che al livello nucleare.
Gli eventi indotti dal legame ai recettori nucleari, tra l’altro, promuovono stress ossidativo e disfunzione mitocondriale, con conseguenze morte neuronale ed apoptosi.
Gli effetti del legame ai recettori di membrana coinvolgono la neurotrasmissione a GABA, a serotonina, a dopamina (che provocano alterazioni comportamentali e dell’umore sia durante l’uso che l’astinenza), e a NMDA, che oltre ad effetti comportamentali può potenziare l’apoptosi con meccanismi dipendenti dall’ingresso di un eccesso di calcio nel citoplasma dei neuroni.
Agendo negativamente sulla sopravvivenza dei neuroni, l’uso di steroidi anabolizzanti può portare a patologie neurodegenerative, ivi compreso l’Alzheimer, e a disturbi cognitivi irreversibili.
Gli anabolizzanti hanno un effetto intenso sull’amigdala, alterandone la connettività alle altre parti del cervello, il che è ritenuto importante per quanto riguarda i loro pronunciati effetti sull’aggressività.
Vi è inoltre una rilevante azione degli steriodi anabolizzanti che mima l’effetto degli oppioidi sul nucleus accumbens e quindi su gratificazione e motivazione. Su questo nucleo, gli steroidi producono effetti morfologici simili a quelli indotti da morfina.
Tutti questi effetti sul sistema nervoso centrale si rispecchiano in azioni sul comportamento, sul tono dell’umore e sul craving.
In studi controllati contro placebo, circa il 4% delle persone trattate con anabolizzanti sviluppavano mania o ipomania, già a dosi equivalenti a mezzo grammo di testosterone a settimana.
Inoltre si osserva un aumento dell’aggressività, in particolare come risposta alle provocazioni, e tendenza alla violenza, anche in consumatori occasionali. GABA, serotonina e dopamina sono probabilmente coinvolti in questi effetti.
Alla sospensione dell’uso degli anabolizzanti, si può osservare l’esordio di depressione, con deflessione dell’umore, perdita di interesse nelle attività quotidiane, ipersonnia, inappetenza, calo della libido e idee suicidarie.
Vi sono differenze individuali nella predisposizione a sviluppare questi disturbi. probabilmente legate a polimorfismi recettoriali, e non è possibile prevedere in anticipo quali soggetti saranno destinati a svilupparli.
La dipendenza da steroidi anabolizzanti è uno dei maggiori problemi indotti da questi farmaci, ed è nota da almeno 20 anni; è molto frequente e viene sviluppata da circa 1 persona su 3 che ne fanno uso (in pratica milioni di persone in tutto il mondo). Il rischio è maggiore nel sesso maschile ed in età adolescenziale.
La somministrazione di anabolizzanti provoca entro 15-20 minuti una sensazione gradevole, meno intensa rispetto a quella indotta dalle classiche sostanze psicoattive d’abuso, ritenuta dipendente dall’interazione con i recettori di membrana
Come precedentemente richiamato, sembrano coinvolti GABA, NMDA, serotonina, e dopamina, e inoltre sembrano interessati anche i neurosteroidi, tramite azioni sui loro recettori intracellulari sigma-1, coinvolti nelle prestazioni cognitive e nell’aggressività, e sugli enzimi che li metabolizzano.
Il consumatore di steroidi anabilizzanti si trova a non riuscire a farne a meno, e quando tenta di sospenderli sperimenta un craving, parte legato agli effetti neurochimici, parte a insorgenza di sintomi depressivi, di ipogonadismo con affaticamento e perdita della libido, parte ad effetti psicologici legati alla paura di perdere la massa muscolare guadagnata.
Ciò sembra anche innalzare il rischio di sviluppare una dipendenza secondaria da altre sostanze psicoattive legali o illegali, usate come autoterapia: pricipalmente oppiacei (50%) ma anche alcolici e – se diamo credito agli studi di laboratorio – pure stimolanti come cocaina e amfetamine.
Il trattamento di questa condizione va concordato tra specialista delle dipendenze ed endocrinologo. Quest’ultimo è necessariamente coinvolto per via delle alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi e della riduzione del testosterone endogeno. Altri specialisti potranno essere necessari se sono presenti altri disturbi somatici.
La sindrome da astinenza da steroidi anabolizzanti ha due fasi, una acuta che compare in prima o seconda giornata, che somiglia all’astinenza acuta da oppioidi, con attivazione adrenergica: ansia, nausea, cefalea, tremori, tachicardia, ipertensione, e dura circa una settimana; ed una cronica, più duratura, con debolezza, dolori muscolari, insonnia, cefalea, dismorfofobia, ipogonadismo, depressione, e craving per gli anabolizzanti. Si associa sovente come sintomo una paura patologica.
Il trattamento ad oggi consigliato è simile a quello che si usa – sempre meno – nella disassuefazione sintomatica da oppioidi: clonidina per lo stato di iperattivazione adrenergica, e antinfiammatori non steroidei per cefalea e mialgie.
La depressione, che in una minoranza di soggetti può presentarsi pure nelle fasi di riposo tra i vari cicli di assunzione, se non recede alla ripresa del normale equilibrio endocrino endogeno, può essere trattata con antidepressivi (c’è un piccolo studio con fluoxetina) e psicoterapia, ed eventualmente anche terapia ormonale sostitutiva.
Quest’ultimo sarà compito dell’endocrinologo, che seguirà pure l’andamento della spermatogenesi e della ginecomastia provocate dalla riduzione del testosterone endogeno. Possono essere usati il testosterone a scalare entro circa un mese, ed eventualmente gonadotropina corionica umana e clomifene.
Bisognerà inoltre monitorare che il paziente non assuma ancora anabolizzanti senza riferirlo (un po’ come avviene nel campo delle droghe). Per far questo si possono utilizzare i dosaggi di testosterone e gonadotropine:
1) se il testosterone è normale o alto e le gonadotropine sono basse, il paziente sta assumendo testosterone;
2) se sia il testosterone che le gonadotropine sono (nettamente) bassi, il paziente sta prendendo anabolizzanti diversi da testosterone e derivati;
3) se sia il testosterone che le gonadotropine sono normali o (non troppo) bassi, il paziente non sta prendendo sostanze ma è ancora in astinenza da steroidi.
SERGIO  DEMURU

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Anche la dipendenza fisica nasconde pericoli ed insidie.

La dipendenza fisica ha luogo quando si supera il livello di tolleranza dell’assunzione di determinate sostanze come alcool, barbiturici, benzodiazepine e oppioidi, utilizzati in modo costante nel tempo e in quantità cospique. Detta dipendenza induce il soggetto a non distinguere più le sensazioni piacevoli da quelle spiacevoli; l’abuso di sostanze cambia il modo in cui il cervello percepisce determinate situazioni e il modo di rapportarsi con il mondo esterno.
L’organismo che assume in maniera costante le sostanze tossiche necessiterà di dosi regolari, in modo che non si manifestino i sintomi dell’astinenza. Può insorgere anche l’assuefazione: quando il corpo si è abituato all’assunzione di una certa quantità di sostanza, essa perde parte della sua efficacia e il soggetto si ritrova a dover assumere dosi sempre maggiori.
I sintomi di questa assuefazione si possono notare con l’interruzione improvvisa dell’assunzione, nell’insorgere di sintomi fisici molto spiacevoli come dolori, la sensazione di nausea e i tremori diffusi in tutto il corpo sono solo alcuni dei sintomi di una crisi di astinenza, uno dei più gravi effetti collaterali della dipendenza fisica.
Il sistema centrale nervoso e il cervello con il tempo si abituano all’uso prolungato della sostanza e interrompere l’assunzione di quest’ultima porta a dei cambiamenti fisiologici nell’organismo che spingono il soggetto in uno stato di alterazione psico-fisica nota come crisi d’astinenza.
Tra gli effetti collaterali dell’astinenza troviamo i disturbi fisici come il senso di stanchezza persistente, respiro affannoso, tachicardia e temperatura corporea elevata, ma anche i disturbi psichici come il deficit di memoria, confusione e difficoltà a concentrarsi.
La dipendenza psicologica coinvolge il cervello e la mente e si manifesta con il desiderio impellente e urgente di ricorrere all’utilizzo della sostanza o al comportamento oggetto di dipendenza, come nel caso del gioco d’azzardo. L’aspetto psicologico che predomina è quello di voler ricercare le sensazioni provocate dall’assunzione di queste sostanze, principalmente legate all’effetto di modificare l’umore o nella riduzione degli stati d’ansia.
Questo tipo di dipendenza mette l’accento sui sintomi psicologici piuttosto che fisici: queste sintomatologie si possono manifestare con episodi di depressione, agitazione, ansia e attacchi di panico. Chi vive questo tipo di dipendenza è indotto a pensare che questi sintomi si possano alleviare solamente proseguendo la dipendenza, cadendo così in un circolo vizioso destinato a peggiorare.
Una persona affetta da dipendenza psicologica è totalmente dipendente dalla ricerca e dall’assunzione della sostanza di abuso. Questo compulsivo pensiero rivolto verso l’oggetto della dipendenza viene chiamato in psicologia con il termine Craving.
Il craving è la ricerca ossessiva delle sostanze, questa attività diventa l’obiettivo principale di chi è affetto da dipendenza: la ricerca, l’acquisto, l’assunzione e il tempo di ripresa dopo aver abusato della sostanza occupa la maggior parte del tempo della persona. Questo porta ad ovvi problemi nella quotidianità, danneggiando l’attività lavorativa, il tempo libero e creando innumerevoli disagi nello sviluppo dei rapporti interpersonali.
È un comportamento dannoso che porta al pensiero ossessivo: la mente della persona è proiettata verso il momento del consumo e allo stesso tempo ricrea le immagini delle assunzioni passate per ripercorrerle a ripetizione. L’irritabilità, l’aggressività e l’ansia sono ulteriori sintomi che si manifestano quando non si riesce più a resistere allo stimolo della dipendenza.

SERGIO DEMURU

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Gruppo di lavoro – Psicologia delle dipendenze.

Sono molti gli Psicologi che lavorano nell’ambito delle Dipendenze. Nei Servizi Pubblici del Sistema Sanitario, nei SERD e nei Nuclei Operativi di Alcologia (NOA), nei Reparti Ospedalieri per le Dipendenze. Ma anche nei Servizi Privati accreditati ambulatoriali (SMI), nelle Comunità Terapeutiche e nei Centri Diurni, nelle Fondazioni. Per non parlare di tutti i professionisti che si occupano di Prevenzione delle Dipendenze e Promozione della Salute: anch’essi possono operare all’interno del sistema sanitario pubblico, nei Servizi delle ATS, nei Consultori o nelle Cooperative e Associazioni, negli Enti Locali o all’interno di specifiche progettualità che talvolta promuovono autonomamente, con le Scuole, i Comuni, le Diocesi. E non è raro che il professionista che opera nel suo studio privato si trovi ad accogliere persone che desiderano smettere di fumare, genitori che chiedono un intervento per il figlio che abusa di cannabis o passa troppo tempo sul web, coppie in cui l’alcol o il gioco d’azzardo ha mandato in crisi della relazione. Lo Psicologo è molto ricercato per l’Intervento precoce sull’addiction specie con gli adolescenti, per operare affinché la occasionale sperimentazione di alcolici o di altre sostanze, non esiti in un percorso tossicofilico che comprometta il processo evolutivo di autonomizzazione del ragazzo.
Gli Psicologi delle Dipendenze devono saper fare diagnosi delle diverse forme di dipendenza (da alcol, sostanze, farmaci, tabacco, gioco d’azzardo, internet), valutandone la tipologia, la gravità, la concomitante presenza di altre psicopatologie. Devono saper utilizzare una vasta gamma di strumenti diagnostici, specifici per ogni forma di tossicofilia, ma anche tutti gli strumenti per la psicodiagnosi di personalità, della qualità delle relazioni familiari e della rete sociale, del funzionamento cognitivo e dell’eventuale deterioramento neuropsicologico. Allo Psicologo Psicoterapeuta delle Dipendenze viene richiesto di adattare il proprio repertorio di strumenti professionali in funzione del setting in cui lavora e della patologia dell’utente con cui ha a che fare. Deve quindi saper operare non solo con l’individuo, ma anche con la famiglia; deve saper condurre gruppi psicoeducazionali e trattamentali e utilizzare la Telemedicina con questa utenza.
Spesso lo Psicologo delle Dipendenze svolge la sua attività all’interno di Equipe multidisciplinari in cui porta la sua specifica competenza professionale. Ma in virtù delle sue abilità tecniche e nella gestione dei gruppi di lavoro, può anche essere Responsabile/Direttore di Servizi per le Dipendenze (SERD, NOA, SMI, Comunità) e/o per la Prevenzione (Unità Operative di Prevenzione, Promozione della Salute e sani stili di vita; Associazioni e Cooperative).
Nelle Dipendenze, vi sono alcuni target e settori per cui la componente psicologica è rilevante se non addirittura prevalente rispetto a quella organica ed è quindi lo Psicologo il professionista che – grazie alla sua competenza – dà un grosso contributo all’intervento in favore del paziente e della sua famiglia: pensiamo per esempio al gioco d’azzardo patologico (GAP), alle dipendenze comportamentali come quella da Internet, all’abuso di alcol, il tabagismo, la diagnosi e l’intervento precoce agli esordi della patologia, la prevenzione e la promozione del benessere individuale e familiare.
Nel lavoro con la persona con problemi di addiction vi sono interventi di competenza propria degli psicologi che tuttavia non sono oggetto della formazione curriculare dei professionisti né in Università né nelle Scuole di Specialità.
Il Servizio Sanitario Nazionale in questi ultimi anni ha spinto affinchè la cura sia orientata verso l’utilizzo di strumenti evidence based, attingendo dalla Ricerca scientifica e dalle Linee Guida delle Società Scientifiche per definire Procedure o PDTA sulle specifiche patologie.
Questo Progetto vuole mettere a disposizione della comunità degli Psicologi gli strumenti della nostra professione che hanno dato evidenza di efficacia e validità scientifica. L’intento è quello di aiutare i professionisti che operano nelle Dipendenze nella individuazione degli strumenti più utili nella attività preventiva e clinica, nonché di orientare i colleghi “apprendisti” verso le pratiche che garantiscono un elevato standard qualitativo alla propria pratica professionale.
Per queste finalità è stato costituito un Gruppo di Lavoro (GdL) composto da professionisti esperti e molto qualificati della Prevenzione, Clinica e Ricerca. Il GdL attuerà Review Scientifiche nella letteratura internazionale e redigerà alcuni documenti con indicazioni bibliografiche su diverse tematiche relative alla Psicologia delle Dipendenze. Il materiale prodotto all’interno del Progetto sarà raccolto nella “Cassetta degli attrezzi” dello Psicologo delle Dipendenze, pubblicato sul sito OPL ed illustrato con appositi webinar.
Questi i Membri del Gruppo di Lavoro Psicologia delle Dipendenze:
Cinzia Cristina Sacchelli (Ref.), Psicologa psicoterapeuta, Responsabile Servizio di Psicologia (UOPSI) della ASST di Crema, Consigliere dell’Ordine Psicologi della Lombardia, collaboratrice della DG Welfare di Regione Lombardia, membro del Direttivo e Past President della Sezione lombarda della Società italiana di Alcologia; già Responsabile della U.O. Nucleo Operativo Alcologia della ASL Milano.

Maria Amendola, Psicologa Psicoterapeuta, Gruppo Tecnico per le attività correlate alle dipendenze patologiche della Regione Calabria; Responsabile Programma Regionale P4 Dipendenze del Piano regionale Prevenzione; componente Gruppo Interregionale delle Dipendenze – Commissione Salute della Conferenza delle Regioni e PA; Società Italiana Alcologia, componente del Comitato Scientifico.

Sandra Basti Psicologa Psicoterapeuta, Federserd.

Luca Biffi, Psicologo Piscoterapeuta. Responsabile dell’Unità Operativa Semplice Prevenzione delle Dipendenze, del Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria di ATS Bergamo. Componente del “Gruppo di lavoro interdirezionale per l’attuazione della disciplina regionale sulla prevenzione e il trattamento del gioco d’azzardo” di Regione Lombardia.

Daniela Capitanucci, Psicologa Psicoterapeuta, Presidente e Socia Fondatrice di AND-Azzardo e Nuove Dipendenze APS, autrice di numerose pubblicazioni sul tema del DGA (Disturbo da Gioco d’Azzardo), dal 2019 è Componente Titolare dell’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave presso il Ministero della Salute. I suoi interessi di ricerca vertono su più aree, tra cui: lo studio dei modelli organizzativi per la presa in carico clinica della persona affetta da DGA e dei suoi familiari in un’ottica multidisciplinare integrata, l’ambito della prevenzione ambientale ed educativa, le azioni di advocay e politiche di contrasto a tutela della salute pubblica.

Pietro Cipresso, Professore Associato di Psicometria, Consigliere OPL.

Mariaelena Cornago, Psicologa specializzata in Psicologia di comunità, promozione del benessere e del cambiamento sociale presso l’Università degli Studi di Padova. Già tirocinante presso il Dipartimento di Prevenzione delle Dipendenze e Promozione della Salute dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) di Bergamo. Operatrice in contesti di prevenzione di comportamenti a rischio e di diminuzione del danno.

Jessica Dagani, Psicologa Psicoterapeuta, assegnista di ricerca della Università degli Studi di Brescia su Progetto di studio della Telemedicina nelle Dipendenze.

Simone Feder

Cristina Foglio, Psicologa Psicoterapeuta ad orientamento sistemico relazionale, terapeuta EMDR di I Livello. Dirigente Psicologo presso l’Unità Operativa di Riabilitazione delle Dipendenze dell’ASST di Crema, dove si occupa della diagnosi e del trattamento della dipendenza da alcol, sostanze e gioco d’azzardo patologico.

Giusi Gelmi Psicologa, UOC Promozione Salute ATS Milano, Società Italiana di Psicologia della Salute.

Alberto Ghilardi, Psicologo Psicoterapeuta, Psicosociologo e formatore organizzativo. Ordinario di Psicologia Clinica all’Università di Brescia, Responsabile di servizio di counselling psicologico, Responsabile del SSD di Psicologia Clinica e Dinamica dell’UNI BS.

Michele Guerreschi

Brunella Ieva, Psicologa Psicoterapeuta, ATS Milano UOC Promozione della Salute Consulente Piano GAP e Piano Integrato Locale), ASST Monza SerD e NOA (Progetto Telemedicina in Alcologia), Centro Medico San’Agostino

Francesca Mercuri, Psicologa, consulente per la UOC Promozione Salute e Prevenzione dei fattori di rischio comportamentali di ATS Milano.

Henry Pinamonti

Rita Marianna Subioli, Psicologa Psicoterapeuta, terapeuta EMDR, Socio Fondatore C.V. – Creare Valore Società Cooperativa Sociale, Psicoterapeuta presso Centro Diurno Bella Storia. I suoi interessi di ricerca vertono sullo studio delle Dipendenze Comportamentali e fenomeni di Ritiro Sociale.

Aurora Teruggi, Psicologa Psicoterapeuta, Responsabile del Nucleo Operativo di Alcologia della ASST Santi Paolo e Carlo (MI); Società Italiana di Alcologia.
SERGIO  DEMURU

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Safer Internet Day: tra dipendenza, cyberbullismo e adescamento online.

Il mondo a portata di mano, la finestra sul mondo, l’esposizione ai rischi, di quel mondo, nascosti dietro lo schermo: luoghi comuni sul binomio Internet&Social, con le loro luci e ombre, ve ne sono in quantità.
Ma, al di là del cliché e del già sentire dire, rimane il fatto che l’argomento della sicurezza, specie per i più giovani, è comunque attuale e, giorno dopo giorno, diventa sempre più pressante.
In occasione della Giornata Mondiale per la Sicurezza in Rete, che si celebra ogni 6 febbraio, istituita e promossa dalla Commissione Ue, la SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), sottolinea l’importanza dell’uso consapevole di Internet da parte di bambini e adolescenti e del ruolo attivo e responsabile dei genitori.
Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro, dice: “Occorre lavorare su tre principi fondamentali: dobbiamo partire dalla protection per garantire a bambini e adolescenti di essere al sicuro da impatti dannosi o discriminatori dei sistemi di intelligenza artificiale. Attraverso la provision i ragazzi andranno indirizzati verso contenuti appropriati, a partire dall’age verification. In ultimo, tramite la participation, le tecnologie andranno utilizzate nelle loro declinazioni positive”.
“Tutto questo è possibile se e solo se tutti i soggetti in campo prendano reale consapevolezza del valore di questa sfida, a partire dalle stesse aziende del digital, dalle Istituzioni e dalle authorities che sono chiamate a dare regole chiare e valide per tutti”. In altre parole si rendono necessarie soluzioni concrete, risposte operative, condivise e applicabili. “Risposte capaci di diventare una base di proposta utile a livello istituzionale a partire dal prossimo G7 per delineare un quadro di intervento comune a livello internazionale”, prosegue Caffo.
Non sarà però un cammino senza sfide e richiederà un approccio etico e responsabile da parte di tutti gli attori in gioco: “Un impegno collettivo e determinato in grado di integrare prevenzione e interventi basati sull’evidenza scientifica per implementare soluzioni che coinvolgano in primis i ragazzi affinché imparino a gestire il digitale in modo più responsabile”.
“In occasione della Giornata mondiale per la sicurezza in Rete, più di uno studio ha fatto suonare il campanello d’allarme sul rischio di dipendenza da videogiochi per oltre un ragazzo su dieci o sul cyberbullismo, che colpisce una fetta simile degli studenti”. A dirlo, in un’intervista alla Stampa, il ministro della Salute, Orazio Schillaci.
“Sono rimasto colpito dal dato riportato sabato dall’inchiesta sul mezzo milione di giovani e giovanissimi che nel nostro Paese è dipendente dai social network – spiega -Si tratta di un fenomeno che numerosi studi correlano all’aumento dei disturbi mentali sempre più diffusi, non solo nella nostra generazione Z, ma anche in quella Alpha. Ossia, tra i nati dopo il 2012. Non a caso definiti anche ‘screenagers’ per il tempo che trascorrono davanti agli schermi di pc, tablet e smartphone”.
Si tratta, secondo Schillaci, di “una nuova emergenza sanitaria, che si manifesta anche con la sempre più preoccupante diffusione dei disturbi alimentari, ai quali recenti studi attribuiscono oltre quattromila morti l’anno tra i ragazzi sotto i 24 anni. Dopo gli incidenti stradali è ormai questa la prima causa di morte tra i nostri giovani. Una strage silente, di fronte alla quale non possiamo restare indifferenti”.
Il ministro sottolinea però “che i social vanno ben utilizzati, non demonizzati. È infatti innegabile che queste piattaforme offrono ai giovani strumenti per creare, mantenere o sviluppare relazioni interpersonali anche nel mondo reale. Ci sono indagini che dimostrano come le forti amicizie adolescenziali possano essere rafforzate dall’interazione con i social media. Anche se questo finisce per fare più ricco chi è già ricco nel senso delle relazioni sociali”.
Si chiama “internet gaming disorder” la dipendenza patologica da internet, che siano giochi, video o social network, che coinvolge i più giovani al punto che nel 2019 l’Oms lo ha ufficialmente inserito all’interno della sezione inerente ai disturbi del comportamento relativi alle dipendenze.
Secondo i dati di un recente studio sulle “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, realizzato dal Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, emerge che nella popolazione scolastica tra 11 e 17 anni il rischio di disturbo da uso di videogiochi vede coinvolto ben il 12% degli studenti (circa 480mila). Il genere maschile è più colpito, con il 18% negli studenti delle secondarie di primo grado e il 13,8% negli studenti delle superiori; contro il 10,8% nelle scuole medie e il 5,5% nelle scuole superiori per le femmine. Rispetto all’età, la percentuale di rischio maggiore si rileva nelle scuole medie con il 14,3% dei ragazzi a rischio, mentre il dato scende al 10,2% alle superiori.
Da “Save the Children” arriva il dato secondo cui metà degli adolescenti passa online più di 5 ore al giorno, e  il 91,7% dei 14-17enni utilizza Internet quotidianamente. Che cosa fanno? Usano la messaggeria istantanea, attraverso WhatsApp, Messenger, Viber e altro (93%), guardano i video (84%), frequentano i social media (79%), videogiocano (72,4%). Un uso chiaramente eccessivo, che può avere conseguenze negative, a cominciare dalla dipendenza.
La “dipendenza da Internet” – riporta il Safer Internet Center italiano, promosso dal ministero della Cultura e del Merito – può essere una vera e propria sindrome: riguarda ragazzi e ragazze che non riescono a farne a meno e, privati della Rete, provano un forte disagio che non attenuano in nessun altro modo. Ma al di là della patologia, piuttosto rara o molto estrema, un abuso di Internet e delle tecnologie è sempre negativo.
I ragazzi, avvertono dal portale che intende dare per ogni argomento spiegazioni e consigli utili, potrebbero rinchiudersi in una “nicchia mediatica”, attuando una vera e propria fuga dalla realtà: con conseguenze sociali e psicologiche. Sostituire amici reali con amici virtuali, smettere di fare sport e passare sempre più tempo in solitudine davanti ai videogames.
“C’è chi dopo aver trascorso un tempo eccessivo online sente mal di testa, ha la vista sfocata, dolori al collo o semplicemente prova una gran fame! Altri segnali, invece, possono essere di tipo emotivo: ti arrabbi, sei nervoso o in ansia quando non puoi essere online o usare la tecnologia? O quando qualcuno ti distoglie da qualche tua attività online? Ti senti annoiato e irritato quando sei online?”, sono tra le prime domande che ci si deve porre per capire se si sta sviluppando una dipendenza di questo genere.
Poi vi sono Cyberbullismo e autoisolamento (hikikomori). Sono altri grandi temi legati a ciò da cui ci si deve difendere e saper maneggiare.
Save the Children evidenzia come nel 2023, rispetto al 2021, sembrano in crescita gli atti di cyberbullismo nei preadolescenti, in particolare tra gli 11 e i 13enni rispetto ai 15enni e le vittime sono più frequentemente le ragazze. A 15 anni si assiste negli anni considerati a un calo del fenomeno e a una riduzione del divario tra maschi e femmine, complici una maggiore capacità di difendersi dagli attacchi, anche di denunciarli, e una più concreta consapevolezza dei propri atti.
I comportamenti a rischio di dipendenza tecnologica, da social media o da gioco online, sono correlati a un aumento dell’ansia sociale, della depressione e dell’impulsività, a un rendimento scolastico scarso e un maggior rischio di sovrappeso o obesità. In Italia, le rilevazioni sugli adolescenti di 11, 13 e 15 anni, mostrano che il 13,5% del campione fa un uso problematico dei social media.
Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l’età più critica è quella dei 13 anni: tra le principali motivazioni dell’uso intensivo dei social media c’è quello di scappare da sentimenti negativi. Uno degli effetti legati alla dipendenza da internet è l’autoisolamento, che può raggiungere le forme più estreme nel fenomeno degli hikikomori, che letteralmente significa “stare in disparte”, un fenomeno che si manifesta soprattutto tra i 15 e i 17 anni.
In Italia –  nota ancora Save the Children – le rilevazioni sugli adolescenti di 11, 13 e 15 anni, mostrano che il 13,5% del campione fa un uso problematico dei social media. Sono soprattutto le ragazze a soffrirne e l’età più critica è quella dei 13 anni: tra le principali motivazioni dell’uso intensivo dei social media c’è quello di scappare da sentimenti negativi. Uno degli effetti legati alla dipendenza da internet è l’autoisolamento, che può raggiungere le forme più estreme nel fenomeno degli hikikomori, che letteralmente significa “stare in disparte”, un fenomeno che si manifesta soprattutto tra i 15 e i 17 anni.
Telefono Azzurro sta lavorando per divulgare e rendere maggiormente accessibile a tutti gli utenti, alle famiglie e gli insegnanti il Take It Down, il servizio gratuito sviluppato dal National Center for Missing and Exploited Children (NCMEC) in collaborazione con Meta, che “mette in sicurezza” le immagini sensibili o intime che bambini e adolescenti hanno magari ingenuamente diffuso sul web o sui social, consentendo di rintracciarle e cancellarle da tutte le piattaforme online pubbliche o non criptate che hanno deciso di aderire all’iniziativa. “La tecnologia corre, e noi non possiamo permetterci di rimanere indietro”, afferma Ernesto Caffo, presidente di Telefono Azzurro.
Sempre il portale promosso dal Ministero che, ricorda “L’adescamento online è un processo manipolativo e pianificato, interattivo e fluido, controllante e controllato, facilitato dalla mole di informazioni di sé che bambine/i e ragazze/i condividono in Rete e che costituiscono importanti punti di partenza per agganciare la vittima”.
È fondamentale – avvertono –  che venga tenuta traccia degli scambi intercorsi (es. salvare le conversazioni, fare degli screenshots) rivolgendosi il prima possibile alla Polizia Postale e delle Comunicazioni. In seguito alla tempestiva gestione degli aspetti strettamente inerenti la Rete e la denuncia, è altresì importante valutare la possibilità di rivolgersi ad un Servizio territoriale (es. Consultorio Familiare, Servizio di Neuropsichiatria Infantile, ecc.) in grado di fornire al minore anche un adeguato supporto di tipo psicologico o psichiatrico.
“Online può sembrare tutto perfetto, perché è facile presentarsi diversamente da ciò che si è. Se la persona con cui sei in contatto ha i tuoi stessi gusti, si interessa delle stesse cose, sembra molto gentile, ricorda che potrebbe anche fingere. Addirittura può farti credere di essere coinvolto/a in una relazione speciale con te. Ma, spesso, fa tutto parte dell’inganno”.
Gran parte della fidelizzazione e della dipendenza è anche provocata dall’intelligenza artificiale in grado di comandare gli algoritmi che tiene incollati allo schermo con contenuti confezionati in base ai nostri gusti e abitudini d’uso. Una dinamica questa che, peraltro, i ragazzi sottovalutano: 2 su 3 ritengono di avere la possibilità di controllarli o addirittura di influenzarli e aggirarli. Una battaglia però persa in partenza, che nasconde un vuoto di conoscenza che deve essere necessariamente colmato, per rendere tutti più consapevoli. In questo, il ruolo della scuola può essere fondamentale. Infatti, nel corso degli anni la cultura della sicurezza in ambiente digitale si è sviluppata soprattutto grazie ai docenti. Tra quanti hanno dichiarato di aver approfondito i pericoli dovuti a un uso corretto della Rete – si tratta di un confortante 75% – ben 7 su 10 hanno appreso le nozioni più utili soprattutto dai professori.   
L’AI o, meglio, il suo uso scorretto concorre poi alla creazione di dannose fake news, tema di cruciale attualità, che riguarda tutti i cittadini e che tocca un principio cardine delle nostre società democratiche: il diritto a una corretta informazione, sempre più difficile dato che la maggior parte delle persone orami si informa tramite i social. “Le fake news fanno quasi sempre leva sulle emozioni, sulle nostre paure o sui nostri pregiudizi (curiosità, razzismo, insicurezza), toccano temi di un certo interesse e legati all’attualità (salute, politica, celebrità, immigrazione etc.), usano toni drammatici o sensazionali, descrivono eventi straordinari.
“In questo scenario, la competenza più importante da possedere non è saper cercare e trovare le informazioni, ma saperle selezionare. È l’esperienza con cui studenti e insegnanti si confrontano ogni giorno. I motori di ricerca, ad esempio, propongono dei risultati in un dato ordine, ma è sufficiente? Ovviamente no, il problema è dunque ragionare sui criteri di selezione”, ricordano dal Safer Internet Center italiano.

SERGIO  DEMURU

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Salute 2.0

Postura scorretta nei giovani: come intervenire a casa e a scuola?

Riconoscere atteggiamenti non corretti come zaini troppo pesanti e posture errate è importante in quanto possono creare problemi alla schiena dei bambini e dei giovani. Secondo uno studio, cattive abitudini alimentari e di stile di vita stanno portando ad un incremento di problematiche che influiscono sulla salute dei pazienti di questa fascia di età, tra cui sullo sviluppo armonico dell’apparato muscolo-scheletrico. La crescita correttamente simmetrica della colonna vertebrale si compie durante il periodo dello sviluppo del bambino. In particolare, negli anni delle scuole, vi è la più importante crescita del corpo e lo sviluppo inadeguato dei muscoli che sostengono la colonna vertebrale potrebbe portare dolore e lo sviluppo della “gobba”, cioè l’atteggiamento curvo del dorso.
Tutte le concause dolorose, se non trattate correttamente, possono trasformarsi in vere e proprie patologie della colonna vertebrale.
Le alterazioni della colonna vertebrale sono un rischio a cui ogni bambino in crescita può andare incontro a causa di molteplici fattori:
1) atteggiamenti posturali errati o dovuti ad asimmetria degli arti inferiori
2) fattori congeniti o causati da altre patologie
3) predisposizione genetica multifattoriale (come nelle deformità cosiddette “idiopatiche”)
È importante individuarle e prevenirle senza sottovalutarle, consentendo la messa in atto del più corretto trattamento.
I fattori al quale il giovane è esposto, sono stati presi in considerazione anche da numerose scuole, le quali hanno attivato delle iniziative per incentivare la corretta educazione alla Salute, la promozione di corretti stili di vita, una sana alimentazione e una buona attività fisica.
Una maggiore sensibilità verso questi temi rendono la scuola e la famiglia più attenti e di conseguenza il bambino viene incentivato verso un atteggiamento positivo che lo renderà più attivo, con una muscolatura sana e forte, che previene atteggiamenti (anche posturali) non corretti.
Alcuni consigli utili alla famiglia:
1) Incoraggiare i bambini ad avere sempre una corretta postura
Scrivania e sedia devono avere un’altezza proporzionata al fisico in modo che la schiena sia dritta
2) Lo sport è fondamentale per il bambino
3) Il peso dello zaino non dovrebbe superare il 10-15% del peso corporeo dell’alunno. Deve essere indossato correttamente, con bretelle ampie e imbottite, lo schienale rinforzato e una cintura addominale; se possibile preferire i trolley
4) Aiutare il bambino a selezionare il giusto corredo giornaliero, cioè quello essenziale
Il compito poi del Fisiatra è fondamentale ed è quello di monitorare lo sviluppo armonico della colonna riconoscendo precocemente i primi segni di atteggiamenti posturali deviati (paramorfismi) che, senza gli specifici provvedimenti, possono portare a vere e proprie alterazioni più importanti come la scoliosi o l’ipercifosi.
Dopo la valutazione clinica prescrive un eventuale trattamento basato sull’opportuno esercizio fisico e/o sul plantare personalizzato con l’intento di evitare o allontanare nel tempo trattamenti più invasivi.
Infine fornisce le indicazioni utili alla scelta dello sport più adatto alle caratteristiche muscolo-scheletriche personali del bambino o adolescente. Solamente in casi selezionati richiede approfondimenti radiologici come la radiografia della colonna vertebrale.
Nella maggior parte dei casi, i vizi di portamento dovuti ad atteggiamenti posturali errati che il giovane assume, sono facilmente e completamente correggibili e nulla hanno a che vedere con disturbi più seri. In genere si tratta di atteggiamenti “viziati” dovuti alla mancanza di adeguata attività fisica e a posizioni scorrette mantenute a lungo per esempio quando si sta seduti in aula o a casa.
In ogni caso, la valutazione risulta particolarmente importante durante l’età della crescita, in genere dalla quinta elementare alla prima media.
È opportuno intervenire in modo mirato, prima che si rendano effettive atteggiamenti non ottimali o vere e proprie deformazioni vertebrali.

SERGIO   DEMURU

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Sapevi che...

La Sardegna è ancora pigra e sedentaria. Solo il 26% dichiara di fare attività fisica.

Ancora troppo pigri e sedentari. In Sardegna solo il 26% delle persone dichiara di praticare regolarmente sport: una percentuale troppo bassa per poter vedere gli effetti benefici che l’attività fisica può svolgere. Per combattere questa tendenza già da qualche anno a Cagliari è partita una campagna: “Lo Sport è Prevenzione. Allenati Contro il Cancro’. E’ stata a suo tempo promossa dal CUS Cagliari insieme alla LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) Sardegna e gode del coordinamento scientifico dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e del patrocinio dell’Assessorato della Sanità della Regione e dell’Università di Cagliari.
Lo sport come prevenzione. Secondo numerosi studi scientifici, il 40% dei tumori può essere evitato attraverso una costante attività fisica a tutte le età, e ciò vale anche per le molte altre malattie cardio-vascolari, metaboliche, neurodegenerative, osteo-articolari e muscolari. Per questo, a partire da fine febbraio 2018, nelle palestre e sui campi da gioco del Centro Sportivo Universitario del capoluogo sardo saranno organizzati speciali corsi di fitness e di educazione alla salute. Sono rivolti a giovani studenti, cittadini adulti, anziani, dipendenti dell’Università e anche, con corsi specifici, ai pazienti oncologici.
Corsi di fitness anzitutto. Attraverso un ciclo di brevi lezioni, un istruttore sportivo, coadiuvato da un oncologo, illustrerà ai partecipanti alcuni semplici esercizi fisici da eseguire costantemente per rimanere in forma e in salute. Inoltre, si spiegherà quali sono gli innumerevoli vantaggi per il benessere psico-fisico derivati dallo sport, anche grazie alla distribuzione di opuscoli appositamente realizzati.
In questo contesto vanno viste le visite gratuite e test. Infine, sempre presso il CUS, è possibile svolgere gratuitamente visite senologiche e il controllo dei nei per la prevenzione del melanoma. Negli ambulatori della LILT invece le donne possono eseguire il Pap test e la visita ginecologica. “E’ un modo innovativo per fare movimento e, allo stesso tempo, educazione.-ha affermato Marco Meloni, Presidente del CUS Cagliari-Con questa campagna siamo lieti di poter mettere a disposizione dell’intera cittadinanza le nostre strutture e i nostri insegnanti. A Cagliari il CUS vanta una grande tradizione e da oltre 70 anni tramandiamo la cultura dello sport e della salute. Negli ultimi anni abbiamo deciso di allargare il nostro raggio d’azione attraverso un sempre maggior coinvolgimento nelle nostre attività a tutta la popolazione, non solo quella universitaria. Si tratta di un progetto pilota che riteniamo possa essere esteso anche ad altri CUS. Il progetto di alleanza fra sport e medicina è reso possibile grazie ad un contributo incondizionato di Bristol-Meyers Squibb. L’attività fisica anche dopo un tumore è fondamentale. All’interno della campagna “Lo Sport è Prevenzione. Allenati Contro il Cancro” vengono promosse anche lezioni dedicate esclusivamente ai pazienti che sono riusciti a sconfiggere una neoplasia. In Sardegna 70.350 uomini e donne sono vivi dopo cinque anni dalla diagnosi della malattia e quindi possono essere considerati guariti. “L’attività fisica,-ha sottolineato Daniele Farci, dirigente dell’Oncologia Medica dell’Ospedale Businco di Cagliari e Consigliere Nazionale AIOM-può evitare la ricomparsa di neoplasie molto diffuse come quella al colon-retto, alla prostata o al seno. Inoltre contribuisce ad alleviare alcuni dei principali effetti collaterali provocati dalle cure anti-tumorali. Per questo è fortemente raccomandata e chi prende questa decisione deve sempre avvisare il proprio medico curante. Ogni malato presenta un quadro clinico specifico e quindi spetta solo all’oncologo stabilire se è possibile fare sport. Va infine concordato uno schema di allenamento che deve tenere conto di tutti i parametri medici della persona”.
SERGIO  DEMURU