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In Italia una persona su dieci ha fatto uso di cannabis o suoi derivati.

Una persona su dieci in Italia ha fatto uso di cannabis o di suoi derivati, secondo le stime più recenti dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze. La percentuale di consumatori si alza se si analizzano le fasce più giovani della popolazione: un quarto degli italiani tra i 15 e i 19 anni ha detto di aver consumato cannabis almeno una volta nella vita (il 27 per cento tra i ragazzi, il 23 per cento tra le ragazze).
Di questi, l’1,3 per cento ha riferito di averne fatto un uso frequente, cioè venti o più volte in un mese. Nel 2019 ci sono state 46mila infrazioni e reati legati alla cannabis in Italia (31mila legati all’uso, 15mila alla vendita).
Il mercato delle sostanze stupefacenti muove ogni anno attività economiche per circa 16 miliardi di euro, di cui il 39 per cento attribuibile al consumo della cannabis e dei suoi derivati (l’equivalente di circa 6,3 miliardi di euro), secondo quanto riportato nella relazione parlamentare sull’uso delle droghe in Italia presentata nel 2021.
Nel rapporto dell’Istat dell’ottobre del 2023 sull’economia non osservata, nel 2019 la spesa delle famiglie italiane in attività illegali (quali droga, prostituzione e contrabbando di sigarette) ammontava a 22 miliardi di euro. Soldi assorbiti in gran parte dalla criminalità organizzata che gestisce il traffico e lo spaccio, oltre al resto delle attività illegali.
Secondo l’osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, nel 2019 gli stati dell’Unione europea hanno segnalato 326mila sequestri di resina di cannabis per un totale di 465 tonnellate e 313mila sequestri di cannabis in foglie e infiorescenze per un totale di 148 tonnellate.
Il consumo di cannabis è più diffuso in Francia (11 per cento della popolazione), Spagna (10,5 per cento) e Italia (10 per cento). Lo stato dove si consuma meno cannabis in Europa è l’Ungheria (1,3 per cento della popolazione).
Restringendo il calcolo sui giovani tra i 15 e i 24 anni la percentuale in Italia sale al 24 per cento (circa un giovane su quattro) al di sotto di Francia e Repubblica Ceca (rispettivamente con il 28 e il 27 per cento). Sull’altro estremo si trovano Grecia e Ungheria, con meno del 3,5 per cento di giovani che hanno utilizzato cannabis nell’ultimo anno.
Una ricerca dell’università di Messina ha stabilito i costi e i benefici di un’eventuale legalizzazione della cannabis in Italia. Proiettando i dati del Colorado (Stati Uniti) – dove la sostanza è legale dal 2012 – sulla popolazione italiana e ipotizzando accise, tasse statali e locali pari al 32 per cento, il gettito per una popolazione di 60 milioni di abitanti sarebbe di 3,26 miliardi di euro su un fatturato superiore ai dieci miliardi di euro.
Oltre al gettito fiscale derivante dal commercio legale della cannabis, si registrerebbero altri risparmi. I ricercatori hanno calcolato che in un anno si risparmierebbero 541,67 milioni di euro per le spese di magistratura carceraria e 228,37 milioni per le spese legate a operazioni di polizia.
Alcuni studi stimano che la legalizzazione della cannabis in Italia favorirebbe la creazione di molti posti di lavoro tra stagionali impiegati nelle piantagioni e addetti alla vendita, producendo un ulteriore gettito irpef.
In Italia la possibilità di ricorrere legalmente a farmaci cannabinoidi esiste dal 2007. Dal 2017 la cannabis viene coltivata a scopo terapeutico direttamente dallo stato, presso lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze e sotto la supervisione dei ministeri della difesa e della salute, con lo scopo di diminuire le importazioni dall’estero, soprattutto dai Paesi Bassi.
È ritenuta utile per la cura di diverse patologie: dall’ansia alla depressione, ma anche malattie reumatiche o neuropatie. Inoltre è efficace come stimolante dell’appetito per chi soffre di anoressia, come antidolorifico, e per lenire gli effetti collaterali di chemioterapie e radioterapie in pazienti oncologici.
La sostanza è attualmente disponibile in Italia in due varianti: Fm1 e Fm2. Il ministero della salute ha pubblicato i dati relativi al consumo di cannabis medica degli ultimi quattro anni. La vendita di questa sostanza risulta in aumento anno dopo anno, arrivando a 1,2 tonnellate nel 2021, con l’Emilia-Romagna in testa tra le regioni rappresentando più del 25 per cento del totale.
SERGIO  DEMURU

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Dipendenza da cannabis: hashish, marijuana e cannabinoidi sintetici.

Una delle sostanze più controverse è certamente quella estratta dalla “cannabis”, una pianta dalle cui infiorescenze deriva la marijuana. Dalla pianta della “cannabis” deriva anche l’hashish, che si distingue dalla marijuana per il metodo di estrazione e la consistenza con la quale si presenta (solida o pastosa). Entrambe queste sostanze (hashish e marijuana) vengono comunemente indicate con il termine “cannabis” (che in realtà è il nome della pianta da cui derivano). Esistono poi altri composti cannabinoidi sintetici, prodotti per uso non medico. Tutte queste sostanze contengono il delta-9-tetraidrocannabinolo (delta-9-THC, più comunemente indicato come THC), che è la sostanza psicoattiva.
I cannabinoidi producono svariati effetti a livello cerebrale, agendo principalmente su due recettori dei cannabinoidi: il CB1 e il CB2, distribuiti in tutto il sistema nervoso centrale. Il contenuto di THC varia notevolmente (con un considerevole incremento riscontrato negli ultimi anni), producendo effetti diversi.
La “cannabis” può essere ingerita oralmente, mescolandola al cibo, oppure può essere fumata insieme al tabacco oppure ancora può essere vaporizzata, riscaldandola per il rilascio della sostanza psicoattiva che viene poi inalata. Quando fumata, gli effetti sono più rapidi e più intensi.
L’insorgenza della dipendenza da “cannabis” si verifica, nella maggior parte dei casi, durante l’adolescenza o la prima età adulta. Quando l’uso della “cannabis” avviene precocemente (prima dei 15 anni), vi è una più alta probabilità di sviluppare una dipendenza da “cannabis” e, in generale, una dipendenza anche da altre sostanze, così come disturbi mentali in età adulta. Sebbene si tratti di un disturbo il cui sviluppo si verifica in un arco di tempo prolungato, esso può essere molto più rapido tra gli adolescenti. L’uso della “cannabis” aumenta gradualmente, sia in frequenza che in quantità. Tale incremento è spesso agevolato dalla percezione di un minor rischio rispetto ad altre sostanze e dal fatto che i sintomi derivanti da un’intossicazione non causano una compromissione cognitiva e comportamentale così grave e marcata come quelli che derivano da un’intossicazione da altre sostanze, come alcol e cocaina. Questi fattori favoriscono il passaggio dall’uso di “cannabis” alla dipendenza da “cannabis”. In questi casi si verificano cambiamenti importanti della stabilità dell’umore, nei livelli di energia e nell’alimentazione. Si verifica, inoltre, un significativo calo del rendimento scolastico e lavorativo, con una riduzione anche nell’interesse mostrato dalla persona.
La dipendenza dalla “cannabis” si esprime con un uso quotidiano lungo tutto l’arco della giornata per lunghi periodi di tempo (mesi o anni), e la persona vive così molta parte del tempo sotto l’influsso della sostanza. In alcuni casi, pur a fronte di un uso meno intenso si verificano comunque problemi con la famiglia o in ambito lavorativo o scolastico, poiché il comportamento e il funzionamento cognitivo vengono negativamente influenzati dall’uso periodico di cannabis e dagli stati di intossicazione da “cannabis”, che incrementano le situazioni di rischio nel momento in cui la persona che ne fa uso svolge attività che possono essere fisicamente pericolose (ad esempio, guidare l’automobile).
L’utilizzo della “cannabis” compromette il funzionamento cognitivo, in particolar modo la memoria a breve termine, i tempi di risposta agli stimoli e il funzionamento esecutivo (le capacità di pianificazione e di inibizione). Tale compromissione varia a seconda della dose assunta.
Viene comunemente considerata una cosiddetta droga leggera, ma le persone che la utilizzano regolarmente possono presentare tutte le caratteristiche tipiche di un disturbo da uso di sostanze. Spesso si associa alla presenza di disturbi da uso di altre sostanze, come alcol, cocaina od oppiacei. In questi casi, la persona spesso tende a minimizzare l’entità dei sintomi collegati alla cannabis, poiché di norma causano meno danni rispetto a quelli causati dalle altre sostanze. Una brusca interruzione dell’uso quotidiano della “cannabis” causa l’insorgenza di una sindrome da astinenza, che si manifesta con umore depresso, ansia, irritabilità, aggressività, irrequietezza, perdita di peso e dell’appetito, disturbi del sonno. Generalmente la sindrome da astinenza da cannabis non è così grave come quella generata dalla brusca interruzione dell’assunzione di altre sostanze, tuttavia può anch’essa causare un disagio significativo nella vita della persona, rendendo difficile interrompere l’uso e facilitando eventuali ricadute.
Spesso la “cannabis” viene assunta per modulare lo stato emotivo (per esempio, provare euforia o modulare intensi sentimenti di rabbia), per facilitare il sonno o alleviare dolori fisici. Le persone con una dipendenza da “cannabis” spesso presentano anche altri disturbi mentali, i cui sintomi possono essere esacerbati proprio dall’uso della “cannabis”, che in alcuni casi può anche contribuire all’insorgenza di un episodio psicotico acuto.
Le persone con una dipendenza da “cannabis” spesso non percepiscono un’eccessiva quantità di tempo trascorsa sotto l’influenza della sostanza, minimizzando la quantità e la frequenza dell’uso. Ci sono però alcuni segnali che indicano un uso cronico e acuto: la presenza di occhi rossi, tosse cronica, l’abitudine di bruciare incensi per camuffare l’odore e un craving molto intenso verso alcuni cibi, talvolta in ore inusuali.
Nonostante sia spesso sottovalutata, o forse proprio per questo, è necessario intervenire nei casi in cui vi sia una dipendenza da “cannabis”, sia perché chi ne soffre spesso cerca di interrompere l’uso senza riuscirci sia perché è spesso associata a dipendenza da altre sostanze.
SERGIO  DEMURU

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Giornata mondiale senza tabacco: in aumento le persone che si rivolgono ai Centri antifumo.

Rimane stabile in provincia di Modena il numero dei fumatori ma, rispetto all’epoca pre-Covid, aumentano le persone che si rivolgono ai Centri dell’Azienda ASL di Modena per smettere di fumare coordinati dal dottor Massimo Bigarelli, responsabile del programma aziendale antifumo. Questo il quadro generale che emerge dall’analisi dell’attività dell’Ausl e dall’ultima indagine PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) sul consumo di tabacco nel 2022-2023. In occasione del “No Tobacco Day”, la Giornata mondiale senza tabacco che ricorre il 31 maggio, l’Azienda USL di Modena sottolinea l’importanza della prevenzione che viene messa in campo dai suoi professionisti attraverso azioni di sensibilizzazione nelle scuole di tutta la provincia e iniziative di promozione della salute rivolte a tutte le fasce di età, dai bambini agi anziani.
In provincia di Modena il 25% dei 18-69enni fuma sigarette, pari a circa 116mila persone, una percentuale in linea con il biennio precedente e con la tendenza regionale (24%) e nazionale. Come già evidenziato lo scorso anno, negli ultimi dieci anni è cresciuto in maniera esponenziale, tanto a livello locale quanto a livello nazionale, il consumo di dispositivi contenenti tabacco o nicotina (sigarette a tabacco riscaldato o sigarette tradizionali). In provincia di Modena, sempre secondo l’indagine PASSI, i consumatori di dispositivi tra i 18-69enni sono passati dallo 0,9% del 2014 all’11,2% del 2023. Nel dettaglio, rispetto al totale fumatori nel biennio 2022-2023, il 19% fuma solo sigarette tradizionali e il 6% fuma sigarette tradizionali assieme ad altri dispositivi. A questi si aggiunge un 6% di persone che fumano esclusivamente sigarette a tabacco riscaldato o sigarette elettroniche.
L’uso di sigarette tradizionali assieme a sigarette a tabacco riscaldato o sigarette elettroniche  è nettamente maggiore tra i 18-34enni mentre i fumatori da 35 a 70 anni si orientano maggiormente su sigarette tradizionali.
Da sottolineare, con una certa preoccupazione, i dati che riguardano il consumo di sigarette elettroniche o a tabacco riscaldato tra gli adolescenti evidenziati dall’indagine di sorveglianza GYTS (Global Youth Tobacco Survey) effettuata in Italia nell’anno scolastico 2021-2022. Nel 2022 in Emilia-Romagna il 16% degli adolescenti di 13-15 anni ha dichiarato di aver fumato sigarette tradizionali negli ultimi 30 giorni (11% dei ragazzi e 20% delle ragazze), il 15% sigarette a tabacco riscaldato (rispettivamente 11% maschi e 19% femmine ) e il 18% sigarette elettroniche (rispettivamente 15% maschi  e 22% femmine). Come si vede, sia nel consumo di sigarette tradizionali sia di dispositivi elettronici o a tabacco riscaldato, per la prima volta le femmine fumano più dei maschi.
Tornando all’indagine PASSI sulla provincia di Modena, l’altro dato da sottolineare riguarda la percentuale di fumatori tra i malati cronici: tra le persone nell’età 18-69 anni affette da almeno una patologia cronica i fumatori sono oltre 21mila (pari al 22% dei malati).
Infine, analizzando complessivamente l’evoluzione dell’abitudine al fumo dei modenesi i dati ci mostrano che dal 2008 ad oggi la prevalenza dei fumatori è complessivamente in calo ma nell’ultimo periodo – 2020/2023 – il calo sembra essersi arrestato.
“A livello regionale l’abitudine al fumo è aumentata nel corso del 2020 interrompendo così la tendenza alla riduzione in atto da molti anni.-ha sottolineato Giuliano Carrozzi, Direttore del Servizio epidemiologia e riduzione del rischio-Dopo la pandemia la percentuale di fumatori ha ripreso a scendere anche se il consumo continua ad essere più alto tra le persone con bassa istruzione e quelle con difficoltà economiche, un effetto negativo della pandemia da Covid-19”
Se da un lato, secondo l’indagine PASSI, la percentuale complessiva dei fumatori è stabile, sono invece in aumento le persone che si rivolgono ai Centri dell’Azienda USL di Modena per smettere di fumare. Rispetto alla media di circa 200 persone che ogni anno si rivolgono ai Centri diffusi in tutto il territorio della provincia (Mirandola, Carpo, Modena, Castelfranco Emilia e Vignola), nel 2023 i partecipanti ai programmi sanitari di disintossicazione sono stati circa 300. I programmi consistono principalmente in corsi intensivi per smettere di fumare, condotti da medici, infermieri ed educatori professionali, assistenti sanitari, psicologi. I corsi si compongono di 12 incontri di 2 ore ciascuno per una durata complessiva di due mesi in cui si imparano regole per smettere di fumare. A distanza di un certo lasso di tempo gli specialisti di Ausl effettuano un follow-up per verificare se la persona ha smesso di fumare o se si sono verificate ricadute e quindi occorre intervenire ancora.
“Dopo la pandemia di Covid-19 i corsi sono ripresi a pieno regime e stiamo riscontrando un aumento delle richieste a partecipare, abbiamo le liste d’attesa.-spiega il dottor Massimo Bigarelli, responsabile del programma antifumo dell’Azienda USL di Modena.-Tra le richieste stiamo notiamo un aumento di persone con età più giovane, anche 25enni, mentre la prevalenza resta la fascia di età 30-50 anni. Notiamo inoltre che diverse persone consumano sia sigarette tradizionali sia sigarette elettroniche, pensando che possano aiutare a smettere di fumare”
Ampia e articolata è l’attività di prevenzione che l’Azienda ASL di Modena rivolge ai giovani organizzando incontri e attività nelle scuole di tutta la provincia per informare sui rischi associati al tabagismo.
Da alcuni anni il SerDP (Servizio Dipendenze Patologiche) promuove nelle scuole il progetto “Scelgo io” rivolto ai ragazzi delle prime classi degli istituti superiori e dei centri di formazione professionale: il progetto consiste in laboratori interattivi attraverso cui gli studenti peer educators, formati dagli esperti, possono discutere insieme ai loro compagni sulle pressioni sociali e sulle vulnerabilità che influenzano scelte tra cui anche quella di fumare e sulle strategie per resistere all’influenza e al condizionamento verso comportamenti a rischio.
Nel corso delle attività ai ragazzi viene inoltre proposto un questionario per conoscere le loro abitudini e conoscenze legate al tema del fumo (e non solo) e raccogliere opinioni e punti di vista poi discussi in sessioni plenarie interattive con gli esperti insieme con il supporto dei peer educators.
E’ emerso che la maggior parte dei ragazzi ha conoscenze adeguate e una percezione delle conseguenze negative del fumo sulla salute ma è presente anche chi ha opinioni non corrette e potrebbe mostrare una maggiore vulnerabilità di fronte a coetanei che fumano in momenti di socialità.
SERGIO  DEMURU

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In cosa consiste la “pornodipendenza” e come superarla.

Il paziente che soffre di una dipendenza da pornografia avrà difficoltà sia a instaurare relazioni sane con il prossimo, sia a mantenere un buon equilibrio a livello fisico e mentale.
È necessario incentrare l’attenzione in che cosa consiste esattamente la “pornodipendenza”, quali sono le principali manifestazioni di questa condizione psicopatologica, le possibili cause del disturbo e gli eventuali trattamenti per affrontare e superare la “pornodipendenza”.
Si può parlare di “pornodipendenza” quando una persona diventa emotivamente dipendente dalla pornografia, tanto da interferire con:
1) vita quotidiana
2) relazioni
3) capacità di mantenere un equilibrio personale a livello fisico e psicologico.
Alcuni medici considerano la dipendenza dal porno un disturbo ipersessuale. Questo termine generico include attività sessuali e comportamenti come la masturbazione eccessiva, o una quantità di tempo indebita riservata al consumo di materiale pornografico.
Attualmente è difficile stabilire quante persone soffrano di dipendenza da porno.
La ragione di ciò va ricercata, in primo luogo, nel fatto che alcune ricerche suggeriscono che non si tratti affatto di una vera e propria sindrome.
Per riconoscere la dipendenza da pornografia vengono evidenziate varie opzioni. Di per sé, l’utilizzo di materiale pornografico non è problematico, ma ha il potenziale per diventarlo, a seconda del punto di vista della persona o del partner.
Per riconoscere che una persona sta sviluppando una dipendenza patologica da materiale pornografico, è necessario prestare attenzione ad alcuni segnali che potrebbero essere indicativi di una condizione potenzialmente problematica.
Ecco alcuni degli aspetti da tenere sotto controllo:
1) la vita sessuale di una persona diventa meno soddisfacente
2) la pornografia causa problemi di relazione o fa sentire una persona meno soddisfatta del proprio partner
3) la persona adotta comportamenti rischiosi per il consumo di materiale pornografico, come ad esempio usufruirne in luoghi pubblici o sul lavoro.
Altri segnali potenzialmente indicativi di una relazione malsana con il porno includono:
1) ignorare altre responsabilità per guardare porno
2) ricerca di materiale pornografico sempre più estremo per ottenere la stessa eccitazione che un tempo offriva il porno tradizionale
3) sentirsi frustrati per il proprio comportamento o provare sensi di colpa dopo aver visto il porno, ma continuare a farlo
4) voler smettere di usare la pornografia, senza riuscirci
spendere ingenti somme di denaro per la visione di materiali pornografici, talvolta a scapito delle necessità quotidiane o familiari
5) usare la pornografia per far fronte a tristezza, ansia, insonnia o altri problemi.
Su quali sono le possibili cause vi sono parecchie campane. Uno studio del 2022 ha rilevato che tra i partecipanti maschi eterosessuali impegnati in una relazione, l’uso della pornografia era associato a una minore soddisfazione sessuale in coppia. Al contrario, per le partecipanti di sesso femminile era vero l’opposto: la pornografia era associata a una maggiore soddisfazione sessuale con il partner.
A causa della controversia che circonda l’idea della dipendenza dalla pornografia, i ricercatori devono ancora identificare una chiara serie di cause.
L’idea condivisa sembra essere quella di un mix di fattori determinanti.
Le condizioni di salute mentale sottostanti della persona potrebbero in qualche modo favorire lo sviluppo di forme di dipendenza. Una persona, infatti, potrebbe usare la pornografia per sfuggire a una qualche forma di disagio psicologico, come ansia o depressione.
La pornografia può essere uno sfogo per l’insoddisfazione sessuale che si vive nel rapporto di coppia.
Alla base della dipendenza dalla pornografia ci potrebbero essere modi di concepire il sesso scorretti, che potrebbero generare idee sbagliate su come le persone dovrebbero apparire e comportarsi durante il sesso, i tipi di sesso di cui una persona dovrebbe godere e norme simili.
Tutto questo insieme di pensieri potrebbe spingere le persone verso la pornografia e un suo utilizzo patologico.
Alcuni fattori biologici legati al meccanismo della ricompensa possono intervenire durante la visione di video porno, aumentando il rischio di dipendenza.
Le possibili ragioni psicoanalitiche di questa dipendenza
Accedere alla pornografia è facile e può richiedere uno sforzo notevolmente inferiore rispetto all’interazione con un partner. Per alcuni, questo può contribuire a un ciclo malsano in cui il porno causa problemi nella relazione, portando la persona a fare ancora più affidamento sulla pornografia per raggiungere la soddisfazione sessuale e sfuggire ai problemi di coppia.
Da un punto di vista psicoanalitico, potremmo ipotizzare, infine, che alcune persone utilizzino la pornografia per:
1) Regolare stati d’animo di tristezza, senso di solitudine o frustrazione;
2) Cercare un controllo sull’intimità, da cui si sentono inconsciamente minacciati;
3) Accedere a desideri che non riescono a esprimere in una relazione.
La ricerca non supporta alcun trattamento specifico per la dipendenza dalla pornografia.
Ciò si spiega con il fatto che, come accennato in precedenza, molti ricercatori ritengono che la dipendenza dalla pornografia non sia una vera e propria condizione medica. Per tale ragione, alcuni medici o psicologi potrebbero ritenere che non sia necessario alcun trattamento.
Tuttavia, è anche possibile che alcune persone che cercano un trattamento per la dipendenza dalla pornografia potrebbero beneficiare, anche se in maniera collaterale, della terapia. Potrebbero, infatti, trarre un maggior vantaggio dall’affrontare altri problemi, come problemi di relazione, vergogna o depressione.
Pertanto, se una persona opta per la terapia, è importante scegliere un terapeuta che capisca e possa gestire questi problemi.
Vediamo, a tal proposito, quali possono essere alcune delle principali strategie per affrontare la pornodipendenza:
La psicoterapia può aiutare una persona a comprendere la propria relazione con il porno, identificare bisogni sessuali non soddisfatti e sviluppare strategie per affrontare il disagio psicologico che ne consegue.
La consulenza di coppia può aiutare i partner a parlare dei loro valori, determinare se il porno ha un posto nella loro relazione e coltivare una fiducia più profonda.
In alcuni casi, una persona usa la pornografia per far fronte a un’altra condizione. I farmaci possono aiutare a trattare il problema sottostante.
Alcune persone usano la pornografia per noia o esaurimento. Mettere in atto uno stile di vita più salutare può comportare il trascorrere meno ore al computer.
SERGIO  DEMURU

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Dipendenza dall’adrenalina: quando correre un pericolo diventa fonte di euforia.

Sport estremi, lanci con il paracadute, guida ad alta velocità, comportamenti rischiosi che potrebbero mettere a repentaglio la propria vita. un bisogno continuo di provare sensazioni forti, che di norma hanno origine dalla secrezione nell’organismo di adrenalina, e che alla lunga, possono dar luogo a una vera e propria dipendenza.
L’adrenalina è un neurotrasmettitore del sistema nervoso simpatico, che viene attivato in situazioni che generano stress, eccitazione o nervosismo. Una volta attivata e rilasciata in circolo, l’adrenalina accelera la frequenza cardiaca, restringe il calibro dei vasi sanguigni, dilata le vie aeree dei bronchi ed esalta la prestazione fisica. In poche parole, l’adrenalina migliora la reattività di tutto l’organismo e lo prepara in tempi brevissimi alla naturale reazione di attacco o di fuga.
L’adrenalina quindi ha il compito di facilitare l’adattamento all’ambiente circostante e di affrontare delle situazioni eccezionali. Immagina per esempio di dover salire su delle montagne russe. Appena prima di salire ti sentiresti nervoso, ma una volta fatta l’esperienza, con ogni probabilità sentiresti una grandissima euforia, senza dubbio piacevole. La secrezione di adrenalina, infatti, stimola il rilascio di dopamina, una sostanza che genera una sensazione di benessere generalizzato. Insomma, perché non ripetere l’entusiasmante esperienza di fare su e giù sulle montagne russe?
Ecco come la sensazione di euforia spinge alcune persone ad avere di continuo comportamenti eccitanti e a sviluppare una vera e propria “dipendenza da adrenalina”.
Un esempio calzante di una persone dipendente dall’adrenalina è il personaggio di Lealand Van Lew, l’uomo che lottava con i coccodrilli, che faceva base jump, che giocava a squash perdendo un paio di denti e che,  per tutta la durata del film “…e alla fine arriva Polly”, combatte per ottenere una polizza sulla vita.
In molti casi la tendenza è quella di fare esperienza di sport estremi: dal surf allo snowboard, dal paracadutismo al base jump, il tutto per scoprire come superare i propri limiti e come provare sempre più eccitazione. Oltre agli sport estremi, c’è anche chi prova questa sensazione di euforia facendo cose proibite, illegali o illecite. Qualche esempio? C’è chi si mette a rubare al supermercato, chi lascia il ristorante dove ha appena consumato una cena senza pagare il conto, o ancora, c’è chi arriva a disturbare e ferire altre persone.
Un’altra forma di “dipendenza da adrenalina” è sperimentare il rischio senza per forza mettere in campo le proprie abilità fisiche. Chi ha una dipendenza da adrenalina potrebbe per esempio non pagare le bollette, consegnare relazioni sul lavoro all’ultimo momento, rimandare controlli medici o intraprendere rischiose operazioni economiche.
La necessità di provare continuamente sensazioni conseguenti alla secrezione di adrenalina si manifesta in modo abbastanza chiaro. Chi è dipendente dall’adrenalina mette in atto comportamenti che mettono a rischio la sua vita o la vita delle persone che lo circondano (basti pensare a quelle che potrebbero essere le conseguenze di una guida ad alta velocità).
Nell’ambito di una dipendenza di questo tipo la mancanza di uno stato di benessere (misurato in base all’euforia provata) innervosisce e trasmette frustrazione. Da questo deriva un peggioramento delle proprie relazioni sociali e un conseguente isolamento che può arrivare a influire negativamente anche nell’ambito professionale.
Tralasciando il fatto che gli effetti collaterali di una dipendenza da adrenalina possono essere una frattura multipla o qualche altro grave infortunio, sono da considerare anche gli effetti collaterali di una superproduzione di adrenalina: instabilità mentale, esaurimento nervoso, perdita di appetito, apatia, ansia e insicurezza cronica. Il risultato è un grande disordine mentale che potrebbe mandare in tilt l’equilibrio della persona a che inevitabilmente richiede un trattamento psicoterapeutico.

SERGIO  DEMURU

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All’Istituto Comprensivo Grazia Deledda di Ilbono massiccia partecipazione per la tappa del tour “nodipendenze”.

A Ilbono per proseguire la campagna di sensibilizzazione rivolta ai giovani studenti ogliastrini. Presente all’Istituto Comprensivo Grazia Deledda di Ilbono il comandante dell’ispettorato forestale di Lanusei, Giovanni Monaci che ha ribadito l’importanza di questi incontri: “Sono formativi e consentono ai ragazzi di intraprendere percorsi che possano differenziarsi da quelle che sono le insidie di determinate dipendenze”.
Le scuola coinvolta in questo caso è stata quella dell’Istituto Comprensivo Grazia Deledda con le quinte classi della scuola primaria. Sono stati coinvolti 80 studenti.
La manifestazione è stata condotta dal tecnico “Ludico sportivo” Alex Musa, il quale ha coordinato gli interventi di Luisa Puggioni, psicologa-psicoterapeuta e vice-presidente dell’Ordine degli psicologi, la quale da cinque anni segue il progetto legato alle dipendenze. “Il cervello in età adolescenziale è super attivo.-ha detto la psicologa-Facendo uso smisurato dei social vi è una sorta di rilassamento del cervello stesso. Quest’ultimo è diviso in due parti, emisfero sinistro e destro. Entrambi vengono traumatizzati se si esagera stando davanti a un tablet o uno smartphone. Per fare un esempio calzante è come un tubo bloccato da una pietra”. Ha avuto spazio anche il Sindaco di Ilbono, Gianpietro Murru, che ha finanziato il progetto come Comune. Il primo cittadino ha detto: “Il nostro impegno prosegue. Per sensibilizzare studenti, genitori ed insegnanti. C’è da elogiare il metodo educativo differente dal solito quando si trattano argomenti così delicati”. Al suo fianco anche Arianna De Pau, assessore della pubblica istruzione sempre del Comune ogliastrino. Come ospite della mattinata l’Officina Creativa Janas di Lanusei, che opera a livello nazionale nel gioco degli scacchi. Presente anche la Dott.ssa Elisabetta Pusceddu, Presidente dell’Associazione Sport e Salute.
SERGIO  DEMURU