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Dalle ultimissime rilevazioni il 5% della popolazione in Italia manifesta sintomi dello “shopping compulsivo”, in prevalenza donne adulte e giovani adulte.

La passione per lo shopping è estremamente diffusa e, per questo motivo, non è vista di per sé come un problema o un disagio; tuttavia, può capitare che questa passione sfugga di mano e si trasformi in qualcosa di più grave: la sindrome da acquisto compulsivo. In Italia, si stima che circa il 5% della popolazione manifesti sintomi dello shopping compulsivo, in prevalenza donne adulte e giovani adulte.
La sindrome da acquisto compulsivo è un disturbo caratterizzato dal bisogno incontrollabile di comprare. Questo bisogno non risponde a una effettiva esigenza (ad esempio, la necessità di rimpiazzare o il desiderio di possedere un oggetto) e anzi, spesso, lo shopper non utilizza i beni che acquista, bensì tende a regalarli o addirittura a buttarli.
Affinché si possa parlare di “shopping compulsivo”, tuttavia, non basta che un soggetto acquisti cose inutili o spenda cifre esagerate: lo shopping diventa compulsione solo se si configura come un’azione ripetitiva messa in atto regolarmente dal soggetto per rispondere a un’ossessione, un pensiero ricorrente e pervasivo che non riesce a contrastare.
Attualmente, lo shopping compulsivo non è riconosciuto ufficialmente dall’American Psychiatric Association come disturbo mentale, ma è generalmente associato ai disturbi del controllo degli impulsi. Questa sindrome, infatti, presenta caratteristiche patologiche analoghe a quelle che si riscontrano, ad esempio, nelle dipendenze da sostanze.
Durante la fase di tolleranza, le persone che presentano una dipendenza da shopping compulsivo tendono a incrementare progressivamente il tempo e il denaro destinato agli acquisti, come forma di “coping” finalizzato ad alleviare eventuali sensazioni negative di stress, tensione e sofferenza. L’acquisto provoca, infatti, un picco di euforia seguito da sentimenti di colpa, vergogna e angoscia, dovuti alla consapevolezza della propria perdita di controllo.
Se queste sensazioni spiacevoli non vengono gestite in modo adeguato, lo shopper entra nuovamente in uno stato di “craving”, dando vita a un circolo vizioso in cui l’impulso a comprare diventa sempre più irrefrenabile. Se, per qualche motivo, il soggetto non si trova nella condizione di poter fare acquisti, entrerà in un vero e proprio stato di astinenza, altro tratto in comune con le altre forme di dipendenza.
Lo shopping rappresenta, solitamente, un’attività gratificante: l’acquisto di un nuovo prodotto porta con sé euforia ed eccitazione, grazie alla produzione di dopamina e serotonina, neurotrasmettitori associati a sensazioni di piacere e benessere. Tra le possibili cause della sindrome da acquisto compulsivo e, in genere, dei disturbi del controllo degli impulsi, sembrerebbe esserci, quindi, l’alterazione dell’attività di tali sostanze.
Inoltre, a causa della crescente e inarrestabile diffusione dei social media e dei servizi di e-commerce, la sindrome da acquisto compulsivo è sempre più legata allo shopping online, alla dipendenza da internet e al concetto di “FOMO”, ovvero la paura di perdere una buona occasione o sentirsi “esclusi” dalla cerchia dei propri pari.
Solitamente, lo shopping compulsivo inizia ad emergere durante l’adolescenza, attorno ai 17 anni, ma tende a manifestarsi con maggiore veemenza e trasformarsi in una vera e propria dipendenza anche diversi anni dopo.
Per questo motivo, è cruciale identificare prontamente i primi campanelli d’allarme della sindrome per evitare l’esplosione e la sedimentazione di questo disturbo in età adulta.
Tra i principali segnali a cui prestare attenzione e che contraddistinguono gli shopper dai “normali compratori”, possono essere riconosciuti i seguenti:
1) l’atto di comprare è vissuto dal soggetto come un impulso irresistibile e inspiegabile;
gli acquisti si fanno sempre più frequenti e risultano al di sopra delle proprie possibilità economiche;
2) il soggetto sente una pulsione verso l’acquisto di oggetti inutili o molto costosi (es: prodotti di marca o particolarmente popolari, anche quando in contrasto con i gusti personali);
3) il senso di appagamento ed euforia è legato strettamente all’atto di comprare e non al possesso dell’oggetto (es: l’oggetto non viene neanche scartato o rimosso dalla scatola, non viene utilizzato oppure viene regalato o buttato dopo poco).
Poiché le cause psicologiche della dipendenza da shopping sono ascrivibili a una difficoltà nella gestione degli impulsi e dell’autocontrollo, tra le strategie maggiormente utilizzate per contrastare questa sindrome vi sono una serie di tecniche finalizzate allo sviluppo della capacità di gestione dello stress e di controllo delle emozioni.
Ne sono un esempio la pratica della mindfulness, della meditazione o dello yoga, attraverso cui il soggetto può imparare ad entrare maggiormente in contatto con il proprio sé interiore e individuare preventivamente i “trigger” che generano l’impulso all’acquisto (situazioni stressanti, episodi di ansia e depressione, ecc.). Contestualmente, queste pratiche hanno il beneficio di migliorare l’autostima, l’umore e la self-compassion, elementi fondamentali per raggiungere un buon autocontrollo e costruire un buon rapporto sia con se stessi sia con il mondo circostante.
Per il trattamento dello shopping compulsivo in stadio avanzato, tuttavia, può rendersi necessario l’intervento di un professionista. In questo caso, si è dimostrato particolarmente efficace il trattamento tramite psicoterapia cognitivo comportamentale o tramite terapia di gruppo.
SERGIO  DEMURU

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Lo “shopping compulsivo” è un disturbo da tenere sotto controllo. È spesso associato a disturbi emozionali.

Il disturbo da “shopping compulsivo”, generalmente associato ai disturbi del controllo degli impulsi o ad altre dipendenze comportamentali, è caratterizzato principalmente dal ripetersi di episodi nei quali la persona sperimenta un impulso irrefrenabile a fare acquisti che, seppur riconosciuti come inutili o eccessivi, non riescono ad essere evitati o tenuti sotto controllo. Il ripetersi degli episodi di acquisto compulsivo possono portare la persona a conseguenze dannose sul piano psicologico, finanziario, relazionale e lavorativo.
Sebbene il disturbo da “shopping compulsivo” non sia ancora stato definito in maniera definitiva, gli esperti tendono a descriverne i singoli episodi sulla base di una sequenza di fasi regolari:
1) nella prima fase di un episodio di shopping compulsivo, la persona inizia ad avere pensieri, preoccupazioni e senso di urgenza verso l’atto di acquistare, sia in generale sia riguardo un oggetto in particolare. Questa fase, inoltre, sembra solitamente preceduta da emozioni sgradevoli quali tristezza, ansia, noia o rabbia.
2) la seconda fase è quella in cui ci si prepara all’acquisto pianificando alcuni aspetti come i negozi da visitare, il genere di articoli da ricercare o addirittura il metodo di pagamento che si intende utilizzare.
3) la terza fase è quella dello shopping compulsivo vero e proprio, in cui la persona, spesso in preda ad una eccitazione quasi sensuale, si sente “corteggiata” dagli oggetti che vede e dalle loro qualità, valutate in quel momento come estremamente attraenti e irrinunciabili.
4) la quarta fase, che chiude l’episodio, è quella successiva all’acquisto compulsivo, dopo il quale le precedenti sensazioni di eccitazione ed euforia si tramutano rapidamente in frustrazione, senso di colpa, vergogna e delusione verso se stessi.
Un episodio di “shopping compulsivo” pare quindi organizzarsi intorno a determinati stati emozionali piuttosto che sulla base di reali bisogni o desideri: stati negativi come ansia e tensione costituiscono gli antecedenti dell’episodio, mentre stati emozionali positivi di euforia o sollievo ne costituiscono l’immediata condizione gratificante, seguita però da emozioni spiacevoli quali la frustrazione e il senso di colpa.
Altre caratteristiche che possono aiutare a distinguere un disturbo da “shopping compulsivo” da un normale comportamento d’acquisto possono riguardare la natura degli oggetti acquistati: talvolta le persone affette da shopping compulsivo acquistano cose di cui non hanno reale bisogno o che hanno già, che non corrispondono ai propri reali gusti personali o che sono al di fuori delle proprie possibilità economiche. Talvolta gli oggetti acquistati perdono rapidamente di interesse tanto da non essere tolti dalle loro confezioni, da essere restituiti, nascosti o regalati ad altri.
La maggior parte delle persone affette da “shopping compulsivo” riconosce di avere un problema, ma si percepisce fuori controllo: gli episodi problematici vengono infatti vissuti come impulsi irrefrenabili ai quali non si riesce a resistere nonostante gli sforzi profusi.
Le persone più a rischio di sviluppare questa condizione sono soprattutto donne (nel 95% dei casi) in un’età compresa generalmente tra i 20 e i 30 anni, l’età cioè in cui si tende a conquistare una certa indipendenza economica.
Lo “shopping compulsivo” pare inoltre presentarsi più di frequente in persone affette anche da altre patologie, in particolare disturbi dell’umore, ansia, disturbi del controllo degli impulsi e disturbi da uso di sostanze.
SERGIO  DEMURU

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Alcol e molestie. Esagerare nel bere è fattore scatenante negli episodi di violenza.

L’abuso di alcol è un fattore determinante negli episodi di violenza domestica, nei reati in luoghi pubblici nonché nelle molestie o nelle aggressioni da parte di terzi alcolizzati. L’UFSP si prefigge di ridurne le conseguenze negative per la società.
Lesioni personali, vandalismo, inquinamento acustico: la violenza nei luoghi pubblici non cessa di essere oggetto del dibattito pubblico. Quanto incide il consumo di alcol in questo ambito?
Circa la metà di tutti i reati di violenza in luoghi pubblici presi in esame è riconducibile al consumo di alcol; il disturbo della quiete pubblica è il reato più diffuso, seguito da litigi, lesioni personali e vie di fatto. Anche i danni materiali e gli atti di vandalismo ricoprono un ruolo importante. Per reati quali rapine, minacce o estorsioni, la quota di casi riconducibili all’alcol è superiore a un terzo. Gli atti di violenza avvengono soprattutto durante il fine settimana nel contesto della vita notturna e sono perpetrati nella maggior parte dei casi da ragazzi nelle fasce d’età di 19 24 anni e 25 34 anni.
Diminuire il consumo problematico di alcol permetterebbe di ridurre la violenza nei luoghi pubblici e di produrre un effetto positivo sulla sicurezza pubblica. A tale scopo è auspicabile una stretta cooperazione tra gli operatori nel campo della prevenzione e la polizia. Diversi progetti con numerosi partner mirano a ridurre la violenza nei luoghi pubblici dovuta all’alcol.
È un fatto dimostrato che il consumo di alcol aumenta il rischio di compiere atti di violenza o di esserne vittima. Questa duplice problematica alcol/violenza si presenta anche nella sfera privata. Infatti gli uomini che si rivolgono a un servizio di consulenza in materia di violenza o che partecipano a un programma educativo contro la violenza domestica presentano spesso oltre al problema della violenza, anche quello dell’alcol. Circa la metà delle donne vittime di violenza riferiscono di un consumo problematico di alcol all’interno della coppia, sebbene nella maggioranza dei casi sia l’uomo a bere.
Secondo lo studio «La violenza nella coppia e l’alcol» in circa ¼ delle coppie la violenza è sempre accompagnata dal consumo di alcol. In almeno un altro quinto o quarto (a seconda che si tratti di consulenza alle vittime o di consulenza contro la violenza) delle coppie, l’alcol è almeno occasionalmente coinvolto quando si verificano episodi di violenza (v. la scheda informativa « Alcol e violenza » qui sotto).
È dunque fondamentale che le offerte di consulenza e trattamento concernenti l’alcol affrontino anche il tema della violenza, e Una dipendenza da alcol problematica comporta una serie di danni fisici e psichici. Questi problemi riguardano non soltanto le persone che presentano un consumo eccessivo, ma anche terzi.
In Svizzera, poco meno della metà della popolazione dichiara di essersi sentita molestata o minacciata in luoghi pubblici da persone alcolizzate sconosciute. Spesso ne sono vittime adolescenti e giovani adulti. Una piccola fetta della popolazione dichiara di avere subito un’aggressione fisica da parte di una persona alcolizzata, sebbene nella maggior parte dei casi gli autori fossero uomini e sconosciuti alle loro vittime.
Per quanto concerne la sfera privata, un quinto delle persone afferma di essere stato vittima di violenza da parte di persone alcolizzate conosciute. Anche i bambini subiscono ripercussioni negative insorte a causa di queste ultime.
Benché non sia possibile stabilire un nesso di casualità tra alcol e violenza, è indiscusso il fatto che l’abuso di alcol favorisca comportamenti che possono nuocere a terzi, ragion per cui è importante limitarne il rischio.
SERGIO  DEMURU

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Il consumo dell’alcol in Italia è in continua escalation. Aumentano anche le donne che fanno uso di qualche bicchiere di vino in più.

L’Italia è un paese con una solida cultura enogastronomica che porta al consumo di vino, birra e liquori pregiati, punti di forza di molti produttori del Belpaese. Tuttavia, è cruciale esaminare attentamente l’equilibrio di tale abitudine, poiché un consumo incontrollato può portare a problematiche molto serie, tra cui l’alcolismo. In questo contesto, è fondamentale esplorare i dati sull’alcolismo in Italia, per comprendere appieno l’impatto di questa sfida sulla salute pubblica e individuale.
Consumare bevande alcoliche è un’esperienza che quasi tutti abbiamo provato: bere un buon bicchiere di vino, una birra o un amaro al bar fa parte della cultura e della socialità condivisa. Il consumo problematico di alcol, però, può diventare una condizione patologica cronica ed in questo caso si parla di alcolismo.
L’alcolismo è una vera e propria dipendenza, che porta all’aumento della tolleranza dell’assunzione di etanolo e a manifestazioni di astinenza.
In particolare, il DSM-5 delinea due tipologie di alcolismo:
1) l’abuso acuto, ovvero l’assunzione di una grande quantità di alcol in una specifica occasione come il binge drinking;
2) l’abuso cronico, ovvero l’assunzione costante di grandi quantità di alcol nel tempo.
Di fatto, secondo il Manuale MSD, il consumo di alcol in Italia è definito a rischio sulla base della quantità e alla frequenza del consumo:
14 bicchieri/settimana o 4 bicchieri per volta per gli uomini.
7 bicchieri/settimana o 3 bicchieri per volta per le donne.
L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un nuovo report nel 2023 in merito all’alcolismo in Italia negli ultimi anni.
Nel 2021 7,7 milioni di italiani di età superiore a 11 anni hanno assunto quantità di alcol tali da esporre la propria salute a rischio. Una cifra che corrisponde al 20% degli uomini e all’8,7% delle donne. Un valore in ribasso rispetto all’anno precedente, ma comunque significativamente elevato. Non solo:tre milioni e mezzo di cittadini hanno bevuto con lo scopo di provocarsi uno stato di ebbrezza e 750.000 sono stati considerati consumatori dannosi, causando danni alla sicurezza pubblica e alla salute fisica/mentale propria e altrui. Ulteriori dati evidenziano come 10 milioni e mezzo di italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente.
In particolare, l’Osservatorio nazionale alcol (Ona) dell’Iss, che ha rielaborato i dati ISTAT in occasione dell’Alcohol Prevention Day (APD) del 19 aprile 2023, ha messo in luce come ci sia un elevato rischio di esposizione all’alcolismo delle donne, di qualunque età. Sono infatti circa 2,5 milioni le donne considerate a rischio – in aumento dal 2014. Tra queste, vi sono punte massime di consumatrici a rischio del 29% tra le minorenni di età di circa 16-17enni.
Infatti, anche i giovani sono considerati fortemente a rischio: si tratta di circa 1.370.000 ragazzi tra gli 11 e i 25 anni, di cui 620.000 minorenni.  Va sottolineato come l’adolescenza sia un periodo cruciale per lo sviluppo dell’identità e del senso di appartenenza sociale: per questo i giovani concepiscono il consumo di alcol spesso come una modalità per alleviare l’ansia e avere conferma dal proprio gruppo di pari.
Gli accessi ai Pronto Soccorso italiani confermano i dati del consumo di alcol appena descritti: nel 2021 si sono registrati 35.307 accessi di cui 10% circa ha coinvolto minori, di cui le ragazze sono in proporzione il doppio rispetto ai maschi. Sempre crescente la percentuale negli anni 2022 e 2023.
Due dei principali problemi correlati all’alcolismo sono proprio il mancato riconoscimento dei problemi connessi all’assunzione della sostanza e lamancata ammissione di avere una dipendenza.
Gli operatori sanitari e i famigliari giocano quindi un ruolo essenziale nel supporto di chi ha tende all’abuso di alcol. I caregiver possono sospettare un disturbo da uso di alcol in virtù di un cambiamento immotivato del comportamento di una persona, che può anche prendere le connotazioni di un comportamento autodistruttivo. Gli effetti dell’alcol su corpo e mente sono diversi: saperli riconoscere è fondamentale per riuscire a supportare il proprio caro.
In conclusione, l’alcolismo in Italia rappresenta una sfida importante per la salute pubblica e individuale. I dati mostrano un alto numero di persone a rischio di dipendenza da alcol, con un particolare allarme per le donne e i giovani. È fondamentale riconoscere i segni dell’alcolismo e fornire supporto a coloro che ne sono affetti. Scaricando la guida gratuita, potrai approfondire ulteriormente il tema e comprendere gli effetti dell’alcol sul corpo e sulla mente. Siamo chiamati a fare la nostra parte per promuovere una cultura del consumo responsabile e per aiutare coloro che lottano con questa dipendenza.
SERGIO  DEMURU

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La cocaina continua ad essere una delle sostanze più presenti nel mercato delle droghe in Italia.

La Relazione Annuale sul fenomeno delle tossicodipendenze 2023 è stata inviata al Parlamento dal Sottosegretario Alfredo Mantovano. Questa relazione è la principale fonte informativa nazionale del Dipartimento per le Politiche Antidroga ed è prevista dal DPR 309/90. I dati utilizzati per la relazione provengono da diverse fonti, tra cui amministrazioni centrali, periferiche, centri di ricerca e enti del privato sociale competenti in materia. Lo scopo principale della Relazione è fornire un quadro il più accurato possibile del fenomeno delle tossicodipendenze al fine di guidare gli interventi pubblici in questo settore. Il rapporto mira a rappresentare in modo completo e aderente alla situazione attuale il problema delle tossicodipendenze. Inoltre, si prevede un adeguamento nella raccolta dei dati per renderne l’aggiornamento ancora più puntuale dal prossimo anno. Questo adeguamento comprenderà anche altre forme di dipendenze, come quelle comportamentali, al fine di fornire una visione più completa e aggiornata della situazione delle dipendenze nel paese.
La Relazione al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, rappresenta uno strumento di analisi essenziale per la comprensione del fenomeno delle dipendenze che è sempre più legato a dinamiche di mercato complesse che caratterizzano sia la domanda che l’offerta di sostanze stupefacenti. L’analisi affronta le tendenze che caratterizzano la situazione attuale e identifica i nuovi scenari emergenti.
Il fenomeno analizzato da un punto di vista dei consumi appare in aumento sia nella fascia 18-64 anni sia nella fascia 15-19 anni.
In particolare, preoccupante è l’incremento nella fascia giovanile rispetto ai dati riferiti al 2021 (aumento dei consumi dal 18,7% al 27,9%) con un aumento rilevante soprattutto per cannabinoidi sintetici e NPS.
Nei dati del 2023 da segnalare in particolare la persistenza di una alta prevalenza di uso di cannabinoidi sintetici e delle NPS che nel loro complesso rappresentano circa il 10% dei consumi. Sostanze queste “di nuova generazione” che hanno come fonte principale di acquisto il mercato del web. Ulteriore dato che colpisce è l’uso di psicofarmaci (SPM) riportato nella fascia 15-19 anni al 10,8% (nel 2021 era di 6,6%)
Lo stesso Rapporto Mondiale sulla Droga 2023 dello “United Nation Office of Drugs and Crime” ha confermato il sensibilissimo aumento nella coltivazione e nel traffico di cocaina, nonché l’esponenziale crescita nella produzione e commercializzazione delle Nuove Sostanze Psicoattive, individuando nella popolazione giovanile a livello planetario il “target” privilegiato per l’offerta delle sostanze stupefacenti e riconoscendo necessarie nelle Agende dei Governi le decisioni condivise in tema di politiche di prevenzione, cura e contrasto alle droghe illegali per la tutela della salute delle popolazioni. La cocaina continua ad essere una delle sostanze più presenti nel mercato delle droghe in Italia, con un flusso di sostanza proveniente in prevalenza via mare dai Paesi di produzione sudamericani: negli ultimi quattro anni i quantitativi intercettati nel nostro Paese sono passati da circa 3 tonnellate e mezzo (2018) a oltre 26 tonnellate di sostanza sequestrata, il 77% delle quali presso le aree doganali marittime. A fronte di una maggiore diffusione nel territorio non è cambiata nel tempo la concentrazione media (70%) di principio attivo rilevata nei campioni di sostanza analizzati. Stabili anche il costo medio al chilogrammo a livello del narcotraffico (38.300 euro) e il prezzo sul mercato della strada, dove un grammo di sostanza costa in media 83 euro.
La spesa per il consumo stimata nel 2022 rappresenta poco meno di un terzo della spesa generale attribuita all’acquisto di sostanze stupefacenti e si aggira intorno ai 5 miliardi di euro. Tornano a crescere anche i consumi fra i giovanissimi (15-19enni): nel 2023 circa 44.000 studenti (ossia il 2% della popolazione studentesca) ne riferiscono l’utilizzo.
Sono mezzo milione le persone tra i 18 e gli 84 anni (1,1%) che ne hanno fatto uso nel corso dello stesso anno rendendo evidente che la cocaina resta una delle sostanze stupefacenti più diffuse nel Paese, dato confermato anche dalle analisi delle acque reflue.
La penetrazione nei territori è confermata anche dall’incremento nell’ultimo decennio delle segnalazioni per possesso di sostanza per uso personale (Art.75 DPR n.309/1990), che rappresentano il 18% del totale delle segnalazioni avvenute nel 2022 e che vedono protagonisti soprattutto i consumatori con almeno 30 anni di età. A fronte di un generale decremento delle denunce per traffico e detenzione (Art.73 DPR n.309/1990) e quelle per associazione finalizzata al traffico illecito (Art.74 DPR n.309/1990), crescono in percentuale quelle associate a reati penali cocaina/crack-correlati.
Gli ultimi anni hanno reso evidente anche il maggiore impatto dei danni sanitari correlati alla sostanza e, se i dati del 2023riferiti alle persone in trattamento presso i SerD, per uso primario o secondario di cocaina, mostrano una sostanziale stabilizzazione, cresce il numero di coloro che intraprendono un percorso nell’ambito dei servizi per le dipendenze del Privato Sociale, dove questa è la sostanza per il maggior numero di persone (39%) in trattamento.
Importante inoltre evidenziare che la cocaina rappresenta la sostanza d’uso primaria per oltre la metà dei detenuti tossicodipendenti e che il numero assoluto dei detenuti assistiti per disturbi da uso di sostanze da questa sostanza (10.047 soggetti) è quasi il doppio di quello riferito agli oppioidi (5.323 soggetti). In progressivo aumento anche i ricoveri correlati al consumo di cocaina, sia per diagnosi principale sia per diagnosi multiple droga-correlate, rispettivamente pari al 24% e 34% dei ricoveri droga-correlati.
Coerentemente aumentano anche i decessi attribuibili a overdose da cocaina/crack che nel 2022 hanno superato il 22% del totale (n.66). In generale si assiste quindi a un aumento della diffusione di cocaina, sia sul mercato sia a livello dei consumi: un fenomeno che necessita di essere attentamente monitorato al fine di contrastarne la diffusione e prevenirne il consumo.
Tutti gli indicatori esaminati descrivono i prodotti della cannabis come le sostanze stupefacenti più utilizzate in Italia, dato in linea con i medesimi indicatori riferiti a domanda e offerta a livello europeo e mondiale.
Dopo un’apparente contrazione osservata nel biennio trascorso il mercato torna ai valori del periodo pre-pandemico. Nel 2022 in più di 9.400 operazioni di polizia, che rappresentano circa il 50% delle operazioni totali, sono state sequestrate oltre 47 tonnellate di cannabis e derivati.
Oltre il 93% della sostanza sequestrata è stata rinvenuta nel territorio nazionale e nello specifico sulle persone fermate, in abitazioni private, in auto e all’interno di pacchi e lettere. Dall’analisi qualitativa è emersa una importante variabilità del quantitativo di principio attivo contenuto nei campioni con un sostanziale incremento medio di quello rinvenuto nei sequestri di hashish che dal 2018 è passato da una concentrazione media del 17% al 29%.
A conferma di una capillare penetrazione nel Paese, circa 4 milioni di persone tra i 18 e gli 84 anni (8,5%) hanno riferito di aver utilizzato prodotti della cannabis almeno una volta nel corso dell’anno e dalle analisi delle acque reflue si stimano circa 50 dosi giornaliere ogni 1.000 abitanti. Fra i giovanissimi sono oltre 580mila gli studenti tra i 15 e i 19 anni (24%) che ne hanno riferito l’uso nell’anno con valori tornati alle prevalenze osservate prima della pandemia.
Il 75% delle segnalazioni per detenzione a uso personale (Art.75 DPR n.309/1990) è legato al possesso di cannabinoidi dato questo che, a seguito di una riduzione nel biennio precedente, torna a crescere, mentre restano stabili le denunce cannabis-correlate per traffico e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (Art.73 DPR n.309/1990) così come quelle per associazione finalizzata al traffico illecito (Art.74 DPR n.309/1990) che rappresentano rispettivamente il 44% e l’8% del totale delle denunce. Stabile la quota delle persone assistite per l’uso di derivati della cannabis, circa l’11% delle persone in trattamento presso i SerD e poco meno dell’8% per quanto riguarda gli utenti in trattamento presso i servizi del Privato Sociale. Bassa seppur in progressivo aumento dal 2011 la percentuale di ricoveri direttamente attribuibili alla cannabis (dal 3% al 6% dei casi droga-correlati), dato che tuttavia incrementa sensibilmente quando ci si riferisce a ricoveri con diagnosi multiple (26%), arrivando a rappresentare la seconda sostanza maggiormente indicata.
Eroina e Oppiacei: un fenomeno da non sottovalutare
I dati relativi alla diffusione di eroina e oppiacei descrivono un contesto articolato e controverso. Nel corso del 2022 si è osservata una generale stabilità del mercato degli oppiacei. I quantitativi di sostanza intercettata (circa 550 chilogrammi) si mantengono, come nel 2021, al di sotto dell’1% del totale delle sostanze sequestrate dalle Forze dell’Ordine. L’analisi qualitativa nei campioni sequestrati in media presenta percentuali di principio attivo stabile rispetto agli anni passati. Stabile o in leggera diminuzione anche il prezzo medio nello spaccio e nel traffico.
Stabili anche le segnalazioni per detenzione per uso personale (Art.75 DPR n.309/1990), che rappresentano il 5% delle segnalazioni totali, e le denunce eroina-correlate per traffico e detenzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (Art.73 DPR n.309/1990) così come quelle per associazione finalizzata al traffico illecito (Art.74 DPR n.309/1990) che, complessivamente, racchiudono il 7,4% delle denunce per reati droga-correlati.
Il dato relativo ai consumi nella popolazione indica invece una inversione di tendenza rispetto agli anni passati. Se nella popolazione studentesca si è tornati a livelli pre-pandemici con circa 25.000 studenti (1%) che riferiscono l’uso nel 2022, nella popolazione generale sono 750.000 le persone fra i 18 e gli 84 anni (1,4%) che riportano l’uso almeno una volta di eroina/oppiacei nell’anno, con un valore 3 volte superiore rispetto alla rilevazione del 2017.
Questo incremento potrebbe risentire della recente maggiore disponibilità di farmaci a base oppiacea, interpretazione sostenuta dal fatto che gli incrementi maggiori sono stati osservati nella popolazione femminile fra i 55 e i 74 anni.
In un quadro generalmente stabile gli oppiacei, e l’eroina in particolare, continuano a rappresentare la sostanza con un maggiore impatto di tipo sanitario, rappresentano infatti la principale sostanza di consumo tra gli utenti in trattamento ai servizi pubblici per le dipendenze e sono responsabili del 30% dei percorsi di recupero presso le strutture del Privato Sociale e del 20% dei ricoveri con diagnosi principale droga-correlata.
L’uso principale di eroina/oppiacei è inoltre attribuito al 14% dei detenuti tossicodipendenti. Rappresentano infine la categoria di sostanze responsabili del 50% dei decessi per overdose registrati in Italia seppur con una tendenza alla riduzione osservata nel corso degli ultimi tre anni. In un quadro di generale stabilità si osserva quindi un lento ritorno alla situazione pre-pandemica che potrebbe risultare inasprita da una maggiore contiguità con i farmaci a base oppiacea.
Nuove sostanze psicoattive: ancora più potenti e pericolose
La crescente variabilità nel mercato delle sostanze stupefacenti è influenzata dalla disponibilità e dal consumo delle cosiddette NPS (Nuove Sostanze Psicoattive), composti sintetici che, essendo rapidamente manipolabili, sono difficili da rilevare e non sono immediatamente elencati nelle liste delle sostanze vietate dalla legge e dagli accordi internazionali.
Si tratta di un insieme molto ampio e dinamico, in continua evoluzione, che comprende sostanze molto pericolose o potenzialmente letali. Queste caratteristiche rendono il monitoraggio di questo fenomeno tanto centrale quanto complesso.
Da anni il Sistema Nazionale di Allerta Precoce (SNAP) rende possibile un aggiornamento costante di questa tipologia di sostanze: nel 2022 ha rilevato 76 nuove sostanze, appartenenti prevalentemente alla classe dei cannabinoidi sintetici e dei catinoni sintetici, 29 delle quali circolanti per la prima volta nel nostro Paese. L’identificazione è avvenuta quasi sempre a seguito di sequestro.
Inoltre, 48 sostanze stupefacenti e 2 piante sono state inserite all’interno delle Tabelle ministeriali contenenti le sostanze stupefacenti e psicotrope. Nella popolazione generale questo tipo di sostanze ha una diffusione contenuta, in crescita se comparata alla rilevazione precedente: nel 2022 sono circa 300.000 le persone che riferiscono di averne fatto uso, la loro diffusione e versatilità è confermata anche dalla presenza nelle analisi delle acque reflue che identificano la presenza varie tipologie di catinoni sintetici, di triptamine, di aricicloesamine, di ketamine e di fetanili.
Sono in particolare i più giovani a consumare NPS: tra gli studenti di 15-19 anni è circa il 6%, equivalente a oltre 140mila ragazzi, ad averle consumate almeno una volta nell’anno. Dopo la cannabis rappresentano la seconda tipologia di sostanze più diffusa e spesso vengono utilizzate in associazione con altre sostanze psicoattive. Le NPS maggiormente popolari fra gli studenti sono i cannabinoidi sintetici (4,4%) che hanno visto un ritorno ai valori pre-pandemici, seguiti da oppioidi sintetici (0,9%), ketamina (0,7%) e catinoni (0,5%).
Le nuove sostanze psicoattive rappresentano quindi un complesso e significativo problema nell’attuale panorama delle dipendenze: nonostante coinvolgano una percentuale relativamente bassa di persone è un mercato che si caratterizza per la sua dinamicità e volatilità, con sostanze che emergono e scompaiono rapidamente, potenzialmente molto dannose e difficili da individuare con importanti conseguenze per la salute pubblica. Pertanto, è di fondamentale importanza identificare e sviluppare tecniche di analisi rapide ed efficaci, nonché implementare interventi preventivi per affrontare questa problematica e contrastare l’aumento del mercato delle NPS.
In particolare, le sostanze psicoattive, legali e illegali, risultano piuttosto diffuse tra i giovanissimi. Nel 2022 si è osservato un generale aumento dei consumi che sono tornati a valori in linea o superiori rispetto a quelli prepandemici.
Tra le sostanze psicotrope legali, la più diffusa è l’alcol, consumato nell’anno da circa 1milione e 900mila studenti di 15-19 anni. Per oltre 780mila studenti (33%) si è trattato di un consumo elevato che ha portato all’intossicazione alcolica e, tra i 18-24enni, la quota di quanti si sono ubriacati nell’ultimo anno è circa il 50%. La grande novità sta nel sorpasso di genere: nel 2022 sono state soprattutto le studentesse sia ad utilizzare alcolici (M=77%; F=79%) sia ad essersi ubriacate (M=29%; F=35%).
In forte aumento anche l’uso di psicofarmaci senza prescrizione medica che nell’ultimo anno ha coinvolto quasi 270mila 15-19enni. Queste sostanze risultano da sempre più diffuse tra le studentesse, per le quali, nel 2022, si registrano i valori di consumo nell’anno più elevati mai osservati fino a oggi (15,1%). Il consumo di sostanze psicoattive illegali ha interessato circa il 30% della popolazione studentesca, il dato è in crescita rispetto al 2021 e ha raggiunto valori superiori a quelli pre-pandemici. La sostanza maggiormente utilizzata è la cannabis, seguita dalle nuove sostanze psicoattive, inalanti e solventi, cannabinoidi sintetici, stimolanti, allucinogeni, cocaina, anabolizzanti e oppiacei.
La cannabis è stata consumata dal 24% degli studenti e da oltre un quarto dei 18-24enni, con percentuali che tendono a diminuire dopo i 25 anni. Aumenta anche la quota di minorenni segnalati per violazione dell’Art.75 DPR n.309/1990, in particolare tra le ragazze che, nel 2022, raggiungono il 16% (M=11%; Totale=12%). Così come crescono del 15%, rispetto all’anno precedente, le denunce alle Autorità Giudiziarie per reati droga-correlati a carico di minorenni. Nel 2022, quasi il 10% degli accessi al Pronto Soccorso direttamente droga-correlati ha riguardato minorenni e circa il 14% 18-24enni. Tra i ricoveri con diagnosi principale droga-correlata, il 15% ha riguardato persone con meno di 24 anni, valore che risulta anch’esso in aumento. Si osserva inoltre una generale riduzione dell’età media dei ricoverati, specialmente nel genere femminile.
Oltre all’uso di sostanze, negli ultimi anni, si è assistito all’emergere di ulteriori comportamenti a rischio e potenzialmente additivi, spesso legati a Internet e alle nuove tecnologie. Il più diffuso tra questi è il gioco d’azzardo che nel 2022 ha interessato circa la metà degli studenti 15-19enni.
In seguito alla pandemia si osserva inoltre un incremento dell’utilizzo di Internet a rischio e della percentuale di vittime e autori di atti di cyberbullismo. Sempre nel mondo delle relazioni digitali emergono nuovi fenomeni come il ghosting o il ritiro sociale volontario. Il primo, nel 2022, ha coinvolto oltre 850mila studenti mentre sono circa 55mila gli studenti che sono rimasti isolati per oltre 6 mesi. Nello scenario attuale si osserva sempre più frequentemente una concomitanza di questi comportamenti, associati spesso tra loro e al consumo di sostanze psicoattive, legali e illegali, questo configura la necessità di considerare numerose dimensioni di fragilità in questa delicata fase dello sviluppo e l’urgenza di prospettare una presa in carico multidisciplinare capace di accogliere i bisogni dei più giovan.
Da vari anni, il tema delle dipendenze si è esteso includendo sempre di più, accanto alle principali forme di dipendenza legate a sostanze (ad es. alcol, cocaina, oppiacei), le cosiddette dipendenze comportamentali in cui non è implicato l’uso di sostanze.
Queste nuove dipendenze o New Addictions, che interessano un numero di persone sempre maggiore, vengono considerate da alcuni autori come malattie della postmodernità. Infatti, la loro diffusione sembra essere agevolata dall’innovazione tecnologica e dai cambiamenti socioculturali e socioeconomici.
Conclusioni
Dalla Relazione annuale emerge ancora una volta che  la droga costituisce una minaccia per la salute di ogni persona e per la sicurezza delle nostre comunità. È dovere di uno Stato opporsi a qualsiasi forma di traffico di sostanze stupefacenti e anche alla legalizzazione di talune di esse, perché tutte sono dannose, non ci sono droghe leggere.
Come affermato sapientemente dal Sottosegretario Alfredo Mantovano alla 66esima sessione della Commissione Stupefacenti delle Nazioni Unite il 13 marzo 2023:
Di fondamentale importanza è l’attività di prevenzione, informazione e comunicazione rivolte specialmente agli adolescenti, ponendo attenzione al trattamento e al recupero delle persone dipendenti garantendo l’accesso ai servizi di cura a chiunque ne abbia bisogno, senza discriminazione, sviluppando una solida rete territoriale, basata sulla collaborazione tra servizi pubblici di trattamento delle dipendenze e comunità terapeutiche. In altre Nazioni europee si sono conseguiti risultati importanti in termini di abbattimento, ad esempio, del consumo di tabacco, grazie a sanzioni mirate e a grandi campagne di informazione. Non possiamo dire altrettanto per il consumo di droga, questo perché continuano a circolare con troppa insistenza messaggi fuorvianti, relativi alla presunta innocuità o leggerezza di talune sostanze. Il richiamo ai diritti impone di interessarci, prima ancora dei milligrammi in più o in meno di ciascuna delle sostanze riportate nelle varie tabelle dei singoli Stati, di qualcosa di più importante: e cioè del significato da conferire a termini come libertà e responsabilità.  Per chi intende riscrivere le legislazioni sulla droga avvicinandole a esperienze di legalizzazione, libertà ha la declinazione di fare quello che si vuole, incluso darsi la morte, o comunque porre sé stesso nelle condizioni di non essere più sé stesso. Chi contrasta questa deriva è convinto invece che la libertà consista nel porsi nelle condizioni di rispettare sempre sé stessi e la propria dignità, e nel dare senso alla propria vita.

SERGIO  DEMURU

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Sapevi che...

La “dopamina” gioca un ruolo determinante anche nelle capacità motorie e nel Parkinson.

Le capacità motorie dell’essere umano (correttezza dei movimenti, rapidità dei movimenti ecc.) dipendono dalla “dopamina” che la “substantia nigra” rilascia sotto l’azione dei gangli della base.
Infatti, se la “dopamina” rilasciata dalla “substantia nigra” è inferiore al normale, i movimenti diventano più lenti e scoordinati. Viceversa, se la “dopamina” è quantitativamente superiore al normale, il corpo umano comincia a eseguire movimenti non necessari, molto simili a dei “tic” nervosi.
Quindi, la fine regolazione del rilascio di “dopamina”, da parte della “substantia nigra”, è fondamentale affinché l’essere umano si muova correttamente, eseguendo gesti coordinati e alla giusta velocità. La “dopamina” con origine nei neuroni dopaminergici del nucleo arcuato e del nucleo paraventricolare inibisce la secrezione dell’ormone “prolattina”, da parte delle cellule lattotrope dell’ipofisi.
Com’è facilmente intuibile, l’assenza o la ridotta presenza di “dopamina” proveniente dai suddetti distretti implica una maggiore attività delle cellule lattotrope ipofisarie, quindi una maggiore produzione di “prolattina”.
La “dopamina” che inibisce la secrezione di “prolattina” prende il nome alternativo di “fattore inibente la prolattina” (PIF).
Diverse ricerche scientifiche hanno dimostrato che adeguati livelli di “dopamina” nella corteccia “prefrontale” migliorano la cosiddetta memoria di lavoro.
Per definizione, la memoria di lavoro è “un sistema per il mantenimento temporaneo e per la manipolazione dell’informazione durante l’esecuzione di differenti compiti cognitivi, come la comprensione, l’apprendimento e il ragionamento”.
Se i livelli di “dopamina” con origine nella corteccia prefrontale diminuiscono o aumentano, la memoria di lavoro comincia a risentirne.
La “dopamina” è anche un mediatore del piacere e della ricompensa.
Infatti, secondo attendibili studi, l’encefalo dell’essere umano rilascerebbe “dopamina“ quando “vive” circostanze o attività gradite, come per esempio un pasto a base di buon cibo o una soddisfacente attività sessuale.
I neuroni dell’area “dopaminergica” maggiormente coinvolti nei meccanismi di ricompensa e piacere sono quelli del nucleo accumbens e della corteccia prefrontale.
La “dopamina” con origine nella corteccia prefrontale è di supporto alle capacità di attenzione.
Interessanti ricerche hanno evidenziato che concentrazioni ridotte di “dopamina” nella corteccia prefrontale sono spesso associate a una condizione nota come sindrome da “deficit” di attenzione e iperattività.
Il legame tra “dopamina” e “abilità cognitive” è evidente in tutte le condizioni morbose caratterizzate da un’alterazione dei neuroni dopaminergici della corteccia prefrontale.
Nelle suddette condizioni morbose, infatti, potrebbero risultare pregiudicate – oltre alle già citate facoltà di attenzione e la memoria di lavoro – anche le funzioni neurocognitive, le capacità di “problem-solving” ecc.
La “dopamina” gioca un ruolo centrale in diverse condizioni mediche, tra cui: il morbo di Parkinson, la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), la schizofrenia/psicosi e la dipendenza da alcune droghe e da alcuni farmaci.
Inoltre, secondo alcuni studi scientifici, sarebbe responsabile delle sensazioni dolorose che caratterizzano alcuni stati morbosi (fibromialgia, sindrome delle gambe senza riposo, sindrome della bocca urente) e della nausea associata al vomito.
SERGIO  DEMURU